La ragion di Stato, l’opportunità e la giustificazione politica
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Si legge su tutti i giornali che il Tribunale dei Ministri ha archiviato le denunce contro Giuseppe Conte, Roberto Speranza, Luciana Lamorgese ed altri per le ipotesi dei reati di omicidio colposo plurimo, diffusione colposa dell’epidemia, abuso d’ufficio ed attentato contro la Costituzione in quanto le decisioni e le scelte del Governo, nel corso dell’emergenza sanitaria, ritenute dai denuncianti carenti, errate, negligenti e tardive, avevano invece la connotazione di decisioni e scelte di evidente carattere politico sottratte alla valutazione ed al sindacato dell’Autorità Giudiziaria.

Si riporta per chi voglia approfondirne il contenuto la decisione:

Il Tribunale dei Ministri di Roma composto da Maurizio Silvestri – presidente, Marcella Trovato – giudice e Chiara Gallo – giudice, in data 18 maggio 2021 dispone l’archiviazione del procedimento penale n.2769/2020 a carico di:

Conte Giuseppe, Speranza Roberto, Lamorgese Luciana, Guerini Lorenzo, Di Maio Luigi, Gualtieri Roberto e Bonafede Alfonso

per i reati di cui agli artt.110, 438, 452, e 589 c.p. – 323, 283, 294 c.p.

Nella sua motivazione il collegio di quel Tribunale aveva così argomentato:

“Tanto premesso in punto di diritto, con riferimento alle decisioni ed alle scelte che vengono imputate al Presidente del Consiglio ed ai singoli Ministri, non possa contestarsene la natura strettamente politica in quanto chiamate ad incidere non già su situazioni di carattere individuale, ma destinate ad operare per la generalità dei cittadini e sull’intero territorio nazionale o su determinate parti di esso. Né può ignorarsi come la natura strettamente politica di quelle scelte sia, altresì, testimoniata dal difficile compito di adottarle nel contemperamento e nella valutazione comparata tra diritti costituzionali di pari valore e, spesso, tra loro confliggenti (ad esempio, diritto alla salute pubblica; tutela delle libertà individuali e di circolazione; tutela delle ragioni dell’economia). Nell’esercizio di tale complesso e del tutto nuovo compito di indirizzo politico, il Governo italiano, dopo l’iniziale disorientamento internazionale testimoniato non solo dalle contraddittorie scelte politiche assunte dagli altri Stati nazionali, ma, soprattutto, dalle contrastanti indicazioni fornite dalla stessa comunità scientifica mondiale, si è dotato per il tramite del decreto n.371 del Capo Dipartimento della Protezione Civile, già il 5 febbraio 2020 di un apposito Comitato Tecnico Scientifico cui affidare compiti di consulenza e supporto delle attività di coordinamento per il superamento dell’emergenza epidemiologica dovuta alla diffusione del coronavirus. A riprova della natura strettamente politica delle decisioni cui, dietro quella consulenza, è stato ed è chiamato ad adottare, non può, poi, ignorarsi come il Governo, al progressivo aggravarsi della crisi sanitaria, dopo alcuni provvedimenti di contrasto istitutivi di controlli nei porti e negli aeroporti, il 23 febbraio 2020 adottò il D.L. n.6 con il quale furono disposte le prime rigide misure di contenimento in alcuni comuni e nelle regioni Lombardia e Veneto, misure che, dopo un tempo di riflessione reso strettamente necessario per una valutazione squisitamente politica dei suggerimenti ricevuti dal CTS, nel difficile e del tutto nuovo compito di bilanciare la tutela di confliggenti diritti costituzionali, furono progressivamente estese, con il D.L. n.11 dell’8 marzo 2020 in tutta la Lombardia ed in altre quattordici Province del Piemonte, del Veneto, delle Marche e della Emilia Romagna e, successivamente, con provvedimenti di varia natura, sull’intero territorio nazionale.

Orbene in ragione della chiara natura politica delle scelte operate dai Rappresentanti del Governo e delle misure, nel tempo, adottate, bene può ritenersi come le stesse siano riconducibili nella nozione dell’atto politico in senso stretto e, quindi, sottratte alla valutazione del giudice penale e soggette, piuttosto, sia con riferimento alla loro tempestività che al loro contenuto, ad un controllo del Parlamento cui, in buona sostanza, spetta il sindacato politico sull’operato del Governo.

In chiusura di trattazione, merita, infine, di segnalare come la conclusione sui si è pervenuti, ad avviso del Collegio, appare perfettamente compatibile con la lettura costituzionalmente orientata che, come sopra evidenziato, è stata offerta al 1° comma dell’art.7 del codice del processo amministrativo, Non sembra , infatti, dubitabile come le decisioni del cui contenuto si dolgono i denuncianti furono e vengono ancora assunte a causa dell’eccezionale situazione venutasi a creare a causa della crisi pandemica ancora in atto e, nel difficile contemperamento tra diritti costituzionalmente garantiti, sono volti a tutelare la salute pubblica. Né può negarsi che le predette decisioni, nell’ambito di autonomia riconosciuta a quell’Organo costituzionale, vengono assunte dal Governo nell’esercizio delle sue tipiche funzioni di indirizzo politico che, come tali, sono soggette al sindacato non già dall’Autorità Giudiziaria, ma del Parlamento.

Anche in ragione della ritenuta insindacabilità in sede penale delle incriminate scelte governative, si è, pertanto, dell’avviso che il presente procedimento debba essere archiviato.”

La notizia dell’archiviazione stata diffusa dai media oltre 20 mesi addietro

E’ evidente che il Tribunale dei Ministri di Roma abbia operato una scelta che non tutti possono condividere utilizzando gli strumenti della “ragion di Stato” e quello della “opportunità e giustificazione politica”, ma trattandosi di una decisione giurisdizionale e non essendovi strumenti per impugnarla, appare superfluo e fuori luogo criticarne la motivazione.

Come è noto i reati ministeriali sono quei reati nei quali la condotta è riconducibile alla competenza funzionale dell’autore del fatto.

In forza della legge costituzionale n.1/1989 la qualificazione del reato come ministeriale o meno compete al pubblico ministero.

In base alle previsioni della citata legge costituzionale, presso il Tribunale del capoluogo dove vi è il Distretto di ogni Corte d’Appello viene istituito un Tribunale dei Ministri avente competenza per la fase istruttoria dei procedimenti per reati ministeriali.

L’Art.6 della richiamata legge costituzionale prevede:

I rapporti, i referti e le denunzie concernenti i reati indicati dall’articolo 96 della Costituzione sono presentati o inviati al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello competente per territorio.

Il procuratore della Repubblica, omessa ogni indagine, entro il termine di quindici giorni, trasmette con le sue richieste gli atti relativi al collegio di cui al successivo articolo 7, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati perché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati.

L’ Art.8 dispone:

Il collegio di cui all’articolo 7, entro il termine di novanta giorni dal ricevimento degli atti, compiute indagini preliminari e sentito il pubblico ministero, se non ritiene che si debba disporre l’archiviazione, trasmette gli atti con relazione motivata al procuratore della Repubblica per la loro immediata rimessione al Presidente della Camera competente ai sensi dell’articolo 5.

In caso diverso, il collegio, sentito il Pubblico ministero, dispone l’archiviazione con decreto non impugnabile.

Prima del provvedimento di archiviazione, il procuratore della Repubblica può chiedere al collegio, precisandone i motivi, di svolgere ulteriori indagini; il collegio adotta le sue decisioni entro il termine ulteriore di sessanta giorni.

L’assetto normativo vigente si fa carico delle ragioni di protezione della funzione di governo, nel duplice versante della valutazione del ricorrere di motivi di opportunità politica o di ragion di Stato tali da rendere sconsigliabile la persecuzione penale.

Entrambe le due cause di giustificazione extra ordinem fanno sì che dalla giurisdizione politica precedente all’introduzione della legge cost.1/1989, in cui la materia era attribuita alla competenza del Parlamento, si è passati alla giustificazione politica.

Questi sono sinteticamente i fatti.

L’inquietante interrogativo che ognuno di noi dovrebbe porsi è il perché si stia diffondendo in modo capillare e con enfasi mediatica la notizia di una archiviazione delle numerose denunce contro l’ex Presidente del consiglio Giuseppe Conte ed i suoi ministri, avvenuta il 18 maggio del 2021.

Non dovrebbe essere compito di tutti i giornalisti, nessuno escluso, quello fornire informazioni corrette, scoprire e analizzare, nel rispetto della verità, le notizie e raccontare i fatti in modo chiaro, senza ingenerare equivoci, né incorrere in una pericolosa disinformazione?

La situazione paradossale e gli eventi che stiamo vivendo riportano alla mente il motto tradizionale delle “tre scimmie sagge” del santuario di Toshogu in Giappone che si racchiude un semplice insegnamento, sempre valido: dobbiamo prestare attenzione a ciò che diciamo, sentiamo e vediamo. In quel santuario vi è una scultura che rappresenta tre scimmie (una si tappa la bocca, l’altra gli occhi e la terza le orecchie).

Per i Giapponesi le tre scimmie fanno riferimento ad un codice filosofico e di condotta che esalta la necessità di essere cauti: “non vedere il male, non ascoltare il male, non parlare del male”.

Tale massima, proveniente dagli scritti di Confucio, rende bene l’idea della “rassegnazione”, che però non può, né deve essere la rassegnazione di un Popolo, il quale sente, vede e, pur essendo oggi ancora silente, molto presto farà sentire la sua voce.

 

decisione del Tribunale dei Ministri          n.1 esposto denuncia Conte+2- 31 marzo 2020n.2 denuncia contro Conte+2 13.07.20 n.3 Esposto 7 gennaio 2021 depositato ore 11,30