I CONTROLLI ESTERNI COSTITUISCONO UNA GARANZIA DI LEGALITA’
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La Magistratura torna ad occuparsi di indagini sui politici che ricoprono ruoli di responsabilità sul territorio nei vari enti locali.

Di recente sono sotto i riflettori delle Procure della Repubblica, il Piemonte, la Puglia e la Liguria e non deve destare meraviglia se altre iniziative della magistratura inquirente penale faranno seguito, come avvenne ai tempi di Mani Pulite e Tangentopoli, in cui, tra il 1992 e il 1994, la magistratura italiana fu protagonista di inchieste che scoperchiarono un vasto sistema organizzato di corruzione utilizzata da tutti i partiti per finanziare le loro attività e, in molti casi, per arricchire singoli politici e dirigenti.

La spiegazione di quanto sta avvenendo va ricercata nel fatto che dal 2001 il compito di controllare l’operato delle pubbliche amministrazioni è stato di fatto trasferito al giudice amministrativo (TAR e Consiglio di Stato) in genere assai poco coinvolto ed infine a quello penale, che è dotato di un potere di indagine molto ampio e discrezionale.

Sono ormai trascorsi ben 23 anni dall’abrogazione dei controlli esterni di legittimità degli atti degli enti locali, un tempo sufficiente per fare un bilancio.

La totale eliminazione di quei vituperati controlli che pur rallentando, fino d un massimo di 30 giorni, l’attività amministrativa, tuttavia garantivano la piena legalità degli atti, ha comportato una esposizione delle risorse economiche e finanziarie di ogni ente alla selvaggia voracità di chi attendeva proprio quel momento per approfittarne senza alcuna remora e senza alcun rischio concreto.

Sotto la spinta della preoccupazione e del timore di una nuova tangentopoli che, attraverso la magistratura inquirente aveva visto la decapitazione dell’intera classe politica della prima repubblica, ad eccezione di quella che militava nel partito postcomunista e con il pretesto che non si intendevano più tollerare lacci e lacciuoli che finivano con il ritardare l’operato delle pubbliche amministrazioni, si giunse, con la legge costituzionale n.1/2001, alla eliminazione definitiva del controllo sulla legittimità  esercitato dai CORECO in quanto con la citata revisione venne modificato l’art.125 che prevedeva il controllo dello Stato sugli atti delle Regioni e abrogato l’articolo 130  della Costituzione, che quel controllo imponeva sugli atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali.

L’art.125 cost. nella sua stesura originaria stabiliva infatti che “il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione doveva essere esercitato in modo decentrato da un organo dello Stato, entro i limiti stabiliti da leggi della Repubblica.” Questa parte dell’articolo 125 è stata abrogata dalla citata legge costituzionale n.1 del 2001, che ha completamente cancellato ogni forma di controllo e potenziato l’autonomia amministrativa regionale. In altre parole, si è voluto rafforzare il concetto di federalismo dal punto di vista amministrativo.

L’art.130 cost., interamente abrogato dalla sopramenzionata legge costituzionale, prevedeva invece che “un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercita, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Provincie, dei Comuni e degli altri enti locali.”

Un mutamento di ampia portata della pubblica amministrazione aveva già avuto inizio negli anni novanta, quando era prevalsa nei politici, all’epoca alla guida del Paese, la volontà di trasformare coloro che amministravano la cosa pubblica da gestori del potere amministrativo in titolari di funzioni di indirizzo politico e in una organizzazione attenta alle necessità sociali dei cittadini considerati, sotto l’influenza di varie svolte ideologiche, esclusivamente degli utenti.

Tra le precedenti modifiche prodromiche a quello che fece seguito, si possono annoverare il rafforzamento della sovranità popolare realizzato con la legge n. 81/1993, l’introduzione del principio di sussidiarietà (orizzontale e verticale), l’introduzione per legge dei controlli interni che individuò nei parametri di efficienza, efficacia ed economicità i nuovi criteri della buona amministrazione e infine la rimodulazione del concetto di legittimità, che ha costituito una svolta pericolosa ed inquietante del concetto di legalità.

Infatti con l’ausilio anche della giurisprudenza amministrativa si pervenne al tramonto del tradizionale sistema della legalità e lo si sostituì con quello dell’effettività che consentiva di dilatare, in sede giurisdizionale, le “forme giuridiche” al fine di tutelare le istanze particolari, ritenute meritevoli di protezione.

Secondo tale visione ideologica e teorica l’azione amministrativa, precedentemente rigorosamente subordinata alla legge, non avrebbe dovuto più realizzare fini pubblici, preventivamente definiti, ma avrebbe dovuto proiettarsi verso la tutela di interessi a vantaggio dei singoli.

In tale contesto concettuale il rispetto delle regole, da formale che era in precedenza, si sarebbe trasferito ad un variegato sistema di interessi e di valori bisognevoli di tutela.

Sostanzialmente con il superamento della rilevanza della conformità legale degli atti incidenti sugli interessi generali, veniva privilegiato il raggiungimento concreto degli obiettivi ad ogni costo.

A distanza di un lungo periodo, pari quasi ad un quarto di secolo, dalla riforma costituzionale e dall’introduzione dei controlli interni, è giunto il momento di chiedersi se si siano o meno conseguiti negli enti locali, attraverso le procedure interne dei controlli, i risultati della efficienza dell’azione amministrativa e della regolarità dell’attività provvedimentale.

La risposta non può che essere negativa, dal momento che nella realtà si sono rivelati completamente inefficaci i controlli interni, imposti per legge, ma non recepiti come strumento di attento e scrupoloso lavoro.

Ad oggi si deve registrare una totale assenza di procedure sostitutive del vecchio controllo di legittimità affidato ai CORECO che invece costituiva un baluardo ed una garanzia del principio di legalità, anche in considerazione del fatto che i componenti dell’organo di controllo assumevano in solido tra loro responsabilità penale e contabile qualora avessero approvato delibere non conformi alla legge.

Si ha l’impressione che l’abrogazione costituzionale del controllo esterno sulla legittimità degli atti, affidato ad organi terzi ed imparziali, abbia radicato il comune convincimento che la conformità legale non sia più un compito istituzionale degli amministratori politici e dei dirigenti locali, ma sia stato trasferito alla competenza ipotetica ed eventuale delle Procure della Repubblica, che ovviamente poco conoscono la materia amministrativa e talvolta a quella della Corte dei Conti che difficilmente riesce ad intervenire dovunque in tempo, dal momento che la prescrizione della responsabilità amministrativo-contabile, ha il limite invalicabile di massimo 7 anni (5 anni per la durata della prescrizione, a cui eventualmente si aggiungono altri 2 anni in caso di interruzione del termine prescrizionale).

I rapporti periodici della Corte dei Conti sui danni economici subiti dagli enti sono sempre più allarmanti, infatti nelle amministrazioni locali, dalla eliminazione dei controlli esterni di legittimità e dalla introduzione di quelli interni affidati agli stessi destinatari del controllo, la corruzione è aumentata.

Sono numerosi i consigli comunali che vengono sciolti o commissariati per dissesto finanziario o per altre gravi motivazioni. Nel corso degli anni si è creata una situazione di inaudita gravità a cui occorre porre rimedio in tempi brevi se si vogliono salvaguardare le strutture portanti della nostra democrazia, che sono rappresentate proprio dagli enti locali e territoriali.

Da più parti, soprattutto amministratori e Sindaci che in precedenza, sotto l’effetto della maggiore autonomia e dell’attuazione di un federalismo, non tolleravano più “i lacci e lacciuoli”, si levano voci favorevoli non solo sull’opportunità, ma anche sulla necessità di reintrodurre il controllo preventivo sulla legittimità degli atti delle amministrazioni locali, soprattutto per quelli che riguardano gli impegni di spesa, l’assunzione di personale e gli appalti pubblici, per i quali non è sufficiente il controllo affidato agli stessi organi interni alle amministrazioni locali.

Precedentemente la filiera dei controlli di legittimità aveva funzionato per oltre cento anni e di quel sistema facevano parte anche i segretari degli enti che, pur essendo dipendenti delle amministrazioni, erano dotati di ampia autonomia sui giudizi di legittimità degli atti amministrativi che garantivano personalmente con l’apposizione della loro firma in calce al visto.

I controlli esterni di legittimità garantivano inoltre gli stessi amministrator, mettendoli al sicuro dall’intervento del magistrato penale in quanto era l’organo esterno all’amministrazione che assumeva su di sé ogni responsabilità circa la legittimità degli atti.

Il legislatore dovrebbe quindi rivedere l’intera materia dei controlli e convincersi che occorre una riforma organica che comprenda la eliminazione degli inutili controlli interni in cui controllore e controllato coincidono.

Non si può ulteriormente tollerare lo spreco di risorse pubbliche, né sono auspicabili variegate indagini penali nei confronti di dirigenti, amministratori e politici per ritornare al precedente concetto di effettiva legalità nell’amministrazione degli enti territoriali.

Se si vuole che in ogni ente sia garantito il principio di legalità occorre ripristinare i controlli esterni di legittimità e recidere definitivamente quel cordone invisibile, ma reale, che spesso condiziona le amministrazioni degli enti perché per gli imprenditori senza scrupoli e per le organizzazioni malavitose non è difficile condizionare il singolo dirigente di un ente che ha il potere di gestione nel suo settore.

La reintroduzione dei controlli esterni offrirebbe il vantaggio di perseguire nuovamente il principio di legalità e di evitare ogni supplenza della magistratura nell’attività della pubblica amministrazione.

Al legislatore dunque il compito di ripristinare la legalità perduta attraverso un suo autorevole intervento che, mettendo da parte ogni ideologia, ripristini i controlli esterni di legittimità, perché la posta in gioco è molto alta, quella dell’utilizzo delle risorse economiche della collettività che vanno sempre tutelate per evitarne un impiego diverso da quello pubblico cui sono destinate.

 

Ascolto 16.01.2002 commissione permanente Senato

SENATO DELLA REPUBBLICA

www.politicainpenisola.it/2016/03/italia/perche-oggi-si-ruba-a-piu-non-posso-nella-pubblica-amministrazione/

03/05/2016 – Legalità e controlli Come si favoriscono sprechi e corruzione – Associazione Segretari Comunali e Provinciali (segretaricomunalivighenzi.it)