Si legge sul Quotidiano La Nazione del 15 luglio 2022:
Psicologa no vax riammessa a lavoro, Speranza e i medici: “Vergogna, basta fake news” Il ministro della Salute e l’Ordine dei medici sulla sentenza formulata dal giudice di Firenze Roberto Speranza Firenze, 15 luglio 2022 – Non si fa attendere la risposta del ministro della Salute Roberto Speranza e dell’ordine dei medici sulla sentenza emessa ieri a favore della psicologa No Vax reintegrata a lavoro. “Grazie ai vaccini 19,8 milioni di morti evitate nel solo 2021 a livello globale, 150mila in Italia. Non può un provvedimento cautelare fantasioso competere con i dati scientifici elaborati dall’Imperial College di Londra e pubblicati su ‘The Lancet Infectious Diseases’ o analizzati dall’Istituto superiore di sanità. Ci aspettiamo che tutti gli organi dello Stato siano coerenti tra di loro nel combattere le fake news e nell’applicare le leggi. Leggi che, se ritenute contrarie alla Costituzione, possono essere rinviate alla Corte costituzionale, ma non andrebbero contestate su terreni diversi da quello giuridico”. Queste le parole del presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, a seguito del decreto d’urgenza con cui una giudice del tribunale civile di Firenze ha sospeso un provvedimento dell’Ordine che vietava a una psicologa di esercitare perché non vaccinata contro Covid-19. “I vaccini non sono trattamenti sperimentali ma farmaci efficaci, capaci di salvare la vita a milioni di persone. Ne abbiamo parlato tante volte sul nostro sito ‘Dottore ma è vero che?’, combattendo le fake news, ma anche solo i dubbi e le paure, con le migliori evidenze scientifiche. E noi medici siamo la prova di questa efficacia: prima dell’avvento dei vaccini contavamo tra i 60 e gli 80 morti al mese; dopo, la mortalità si è sostanzialmente azzerata”.
Nella più totale ignoranza da parte di quanti si approcciano a trattare questioni giuridiche senza avere sufficiente contezza del diritto sostanziale e processuale, da qualche giorno compare sulla stampa e sui social che la dr.ssa Susanna Zanda, Giudice della seconda sezione civile del Tribunale Ordinario di Firenze, in data 6 luglio scorso avrebbe emanato (e non “formulato”) una sentenza, qualcun altro scrive un’ordinanza, laddove invece si tratta di un decreto cautelare emesso ai sensi dell’art.700 e 669 sexies c.p.c.. Per colmare le grosse lacune di molti improvvisatori si rende necessario illustrare cosa sia un decreto, che in genere può svolgere importanti funzioni all’interno di un processo civile. Esso non è mai un provvedimento definivo di un grado di giudizio ed è emanato inaudita altera parte, vale a dire in assenza di contraddittorio. Nel caso della vicenda di cui si è occupata la dr.ssa Zanda, trattavasi di un procedimento d’urgenza previsto dall’art.700 cpc in cui veniva richiesta una misura cautelare che non viene mai concessa in forma di sentenza, ma normalmente di ordinanza ed in caso di particolare urgenza, come è avvenuto nel caso di specie, con decreto inaudita altera parte, in quanto la previa convocazione delle parti avrebbe potuto pregiudicare l’attuazione della misura stessa (art. 669 sexies, cpv.). E’ noto a tutti i giuristi che si occupano di attività giudiziaria e agli studiosi del diritto che trattano la materia nelle università, che una misura cautelare, non essendo destinata a fornire un assetto alla situazione sostanziale all’esame di un giudice, ma essendo, invece, soltanto funzionale a venire incontro ad un pericolo di pregiudizio imminente, non ha funzione di accertamento e pertanto non è finalizzata ad un giudicato, proprio per la limitata strumentalità che la caratterizza. Conseguentemente detta misura cautelare non è soggetta ai mezzi di impugnazione, ma solo a controlli, nelle forme della revoca-modifica e del reclamo. Giova rammentare ai non addetti ai lavori il contenuto dell’art. 669 sexies Codice di procedura civile che così recita:
“Il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto, e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto della domanda. Quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimento, provvede con decreto motivato assunte ove occorra sommarie informazioni. In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro un termine non superiore a quindici giorni assegnando all’istante un termine perentorio non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto. A tale udienza il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto. Nel caso in cui la notificazione debba effettuarsi all’estero, i termini di cui al comma precedente sono triplicati.”
La dr.ssa Zanda nella parte dispositiva del suo decreto ha così statuito: “p.q.m. visto l’art.669 comma 2 sexies c.p.c. e 700 c.p.c. sospende il provvedimento dell’ordine degli psicologi della Toscana che vieta alla dr.ssa ….omissis… di esercitare la professione di psicologa fino alla sua sottoposizione al trattamento sanitario contro il Sars Cov 2, autorizzando quindi l’esercizio della professione senza sottoposizione al trattamento iniettivo, lavorando in qualunque modalità (sia in presenza che da remoto) alla stessa stregua dei colleghi vaccinati.” Fissa per conferma, modifica o revoca del provvedimento in contraddittorio l’udienza del 15 sett. 2022 h.10,00. Firenze il 6 luglio 2022 Il Giudice dott. Susanna Zanda.”
Fatta questa premessa in diritto, nella speranza di aver contribuito a colmare alcune carenze di chiunque si avventura in commenti su questioni giuridiche senza averne adeguata conoscenza, si impone passare ad affrontare un altro delicato aspetto che riguarda pure il diritto e l’opportunità istituzionale. Viene il più delle volte affermato che, in nome del principio della indipendenza e della autonomia della Magistratura, i provvedimenti giurisdizionali non vanno criticati, ma eventualmente impugnati nelle forme previste dai codici di rito. Se tale principio deve valere per i giornalisti, che comunque sono parzialmente protetti dal diritto alla cronaca giudiziaria, a maggior ragione deve applicarsi verso quanti giornalisti non sono, come coloro che scrivono sui social.
Parimenti è inopportuno che un ministro del governo in carica rivolga pesanti critiche ad un magistrato, il quale è titolare di un altro potere dello Stato. Oggi attaccare duramente l’operato della dr.ssa Zanda, la quale, nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, ha puntualmente motivato in diritto la sua decisione, indirizzandole affermazioni offensive ed oltraggiose del tipo:
“Speranza e i medici: “Vergogna, basta fake news” “Il ministro della Salute e l’Ordine dei medici sulla sentenza formulata dal giudice di Firenze” “un provvedimento cautelare fantasioso”…. “Ci aspettiamo che tutti gli organi dello Stato siano coerenti tra di loro nel combattere le fake news e nell’applicare le leggi” “Leggi che, se ritenute contrarie alla Costituzione, possono essere rinviate alla Corte costituzionale, ma non andrebbero contestate su terreni diversi da quello giuridico”
Ancora una volta gli autori dell’ingeneroso affondo in danno del Giudice Zanda ignorano che le norme nazionali in contrasto con le norme sovraordinate vanno disapplicate, come ha motivato quel valoroso Magistrato nella parte del suo decreto in cui ha scritto:
“vista la decisione della Corte Giust. UE 11 luglio 2019 n.716/17, che recita: “ogni Giudice nazionale chiamato a pronunciarsi nell’ambito delle proprie competenze ha, in quanto Organo di uno Stato membro, l’obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione Europea che abbia effetto nella controversia di cui è investito”; vd. Conforme corte cost. n.95/2017 (sull’obbligo di disapplicazione immediata da parte del GO della fonte interna contrastante sol diritto dell’Unione Europea e “a contrario” Cass. civ. Sez. I Ord.18/10/2018 n.26292; Cass. civ. Sez. I Ord. 06/06/2018 n.14638; sent. Trib. Firenze 1855/2021; cass. I Sentenza n.26897 del 21/12/2009: “Il giudice nazionale deve disapplicare la norma dell’ordinamento interno, per incompatibilità con il diritto comunitario, sia nel caso in cui il conflitto insorga con una disciplina prodotta dagli organi della CEE mediante regolamento, sia nel caso in cui il contrasto sia determinato da regole generali dell’ordinamento comunitario, ricavate in sede di interpretazione dell’ordinamento stesso da parte della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, nell’esercizio dei compiti ad essa attribuiti dagli artt.169 e 177 del Trattato del 25 marzo 1957, reso esecutivo con legge 14 ottobre 1957 n.1203; vd. Conf. Sent.cass.3841/2002),”
Il contenuto dell’articolo apparso sul quotidiano la Nazione comporta un vero e proprio travalicamento del diritto di critica e sfocia in una indebita aggressione alla sfera morale del destinatario «insinuando con il linguaggio utilizzato, una indegnità o inadeguatezza sia personale che professionale».
Va segnalato l’orientamento sul punto della Corte EDU che nel caso Narodni D.D. c. Croazia, 8 novembre 2018, ha riconosciuto la violazione dell’art. 10 della Convenzione rispetto al caso di una società condannata per diffamazione in sede civile per aver pubblicamente espresso opinioni critiche nei confronti di un magistrato. ontologicamente inconciliabile con il riconoscimento dell’esercizio del diritto di cronaca.
Piena solidarietà alla dr.ssa Susanna Zanda, nella speranza che si cessi di considerare ogni posizione differente dall’opinione dominante ostile “a prescindere” a chi oggi è al potere e si usi una maggiore tolleranza nei confronti di chiunque in ogni ambito manifesti un pensiero difforme, naturalmente con la debita correttezza e con una cognizione delle cose a livello giuridico e molto spesso a livello scientifico.
L’epoca del pensiero unico di marca maoista o talebana è finita da tempo e una larga parte degli Italiani comincia a riflettere autonomamente e non accetta più alcun diktat che non sia in linea con il nostro ordinamento giuridico nazionale e con quello sovranazionale.