In quale misura e con quali strumenti l’Unione europea ha garantito e può garantire la pace?
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Quando si parla di Europa, occorre tenere ben distinto il concetto di “Europa” da quello “dell’Unione Europea”.

Infatti per Europa si intende un continente, uno spazio fisico composto dai vari Stati/Nazioni dislocati in un territorio, mentre l’Unione Europea è un’organizzazione geopolitica composta da alcuni Stati/Nazioni del continente che hanno aderito ai trattati da cui ha avuto origine l’Unione economica.

Uno dei ritornelli che ricorrono sulla bocca degli europeisti nostrani, tutti seguaci del cosiddetto pensiero unico, è quello della pace.

Viene enfatizzato da questi europeisti di lungo corso e non solo da loro, il concetto che l’Unione Europea avrebbe garantito a tutti gli Stati europei un periodo di pace ininterrotta e più duratura dopo l’ultimo conflitto mondiale e che proprio grazie alla pace sono stati conseguiti gli obiettivi della stabilità, sviluppo, crescita economica, prosperità, libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e tutela dei diritti umani e civili.

Pur non essendo convinti che siano stati realizzati in concreto tutti gli obiettivi ed i fini enunciati nei vari trattati istitutivi dell’Unione, c’è però da chiedersi se l’Unione Europea sia stata ed ancora oggi è davvero la garante della pace.

Per rispondere alla domanda occorre riassumere brevemente nel loro ordine cronologico i fatti e gli eventi che hanno condotto a questa Europa.

Ovvie ragioni, ricollegabili alla stringente censura cui è sottoposta la libera espressione del diritto di pensiero e di opinione, che consigliano di sorvolare “sull’innominato politico-filosofo austriaco ideatore del progetto europeo”, si può tuttavia affermare, liberamente e senza alcuna preoccupazione di essere censurati e quindi silenziati, che la storia dell’Unione Europea è costellata da una miriade di traguardi e di milestones di progetti, tutti senza un vero e proprio atto fondativo.

Comunque, l’inizio del primo tentativo di attuazione del progetto europeo potrebbe collocarsi al termine della seconda guerra mondiale con la sottoscrizione e ratifica del Trattato di Parigi del 18 aprile nel 1951 con cui venne istituita la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA) una comunità sopranazionale e non una organizzazione internazionale, caratterizzata dal trasferimento dei poteri sovrani da parte degli Stati membri a enti, appunto le comunità sopranazionali.

La scelta di mettere in comune il settore del carbone e della siderurgia consentiva di regolare alla luce del sole la produzione di armi e materiale bellico ed evitare così un riarmo segreto delle nazioni aderenti.

Gli stessi Stati che avevano sottoscritto il Trattato CECA, l’anno successivo ne firmarono un altro a Parigi il 27 maggio 1952, quello istitutivo della CED, ossia la Comunità Europea di Difesa, che comportava la creazione di un esercito europeo, di un apparato istituzionale e di un meccanismo di reazione a qualsiasi aggressione contro uno Stato membro. Questo trattato però non entrò mai in vigore perché non venne ratificato dalla Francia.

Fu proprio il ministro degli esteri francese, il deputato democratico popolare Robert Schuman, che l’anno prima del Trattato CECA aveva dichiarato: “la pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”, il quale successivamente si oppose con fermezza alla realizzazione di un esercito comune europeo proposto dall’Italia in quanto la Francia temeva un riarmo della Germania.

La mancata ratifica di quel trattato di Parigi del 1952 (CED) indusse l’Europa ad una sorta di sudditanza agli USA che attraverso la NATO di fatto hanno garantito la pace e la sicurezza negli Stati europei e conseguentemente alla implicita e tacita rinuncia ad una autonomia politica europea.

Nel 1957, ebbe luogo il rilancio del processo di integrazione attraverso il Trattato di Roma Istitutivo della Comunità Economica Europea (CEE) e della Comunità Europea della Energia Atomica (CEEA o EURATOM).

La CEE aveva natura prevalentemente economica e commerciale e come la CECA, creava una unione doganale, con eliminazione dei dazi, delle restrizioni quantitative e di ogni altro ostacolo agli scambi di merci tra gli Stati membri, nonché degli ostacoli alla libera circolazione di persone, servizi e capitali tra gli stessi, si propone di intervenire soprattutto in quei segmenti dell’economia più deboli, in quelle fasce sociali fragili e in zone di geografiche in ritardo di sviluppo.

La CEEA o EURATOM, invece, mirava ad elevare il tenore di vita degli stati membri e a far sviluppare gli scambi con gli altri paesi.

La differenza principale tra CECA, CED, CEEA e le comuni organizzazioni internazionali sta proprio nel loro carattere sopranazionale in quanto nascono dalla conclusione di un accordo tra gli Stati membri con il quale si stabiliscono degli scopi comuni.

In data 21 febbraio 1966 il generale Charles de Gaulle, all’epoca presidente della Francia, spinto dall’intento di perseguire il suo programma di difesa nucleare nazionale, decise l’uscita dal comando militare della Nato, con la conseguenza che, pur restando lo Stato francese nell’alleanza atlantica, venissero chiuse tutte le basi Nato sparse nel Paese e la Francia ottenesse la sua indipendenza militare.

Nell’occasione il comando militare NATO venne trasferito da Parigi a Bruxelles che divenne poi il centro della sicurezza militare NATO in Europa.

Successivamente, con il Trattato di Lisbona del 2007 è stata prevista per la prima volta la possibilità di una politica estera e di sicurezza europea (cfr. art. 27 TUE).

Per tutto il periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi la pace in Europa è stata garantita principalmente dalla presenza militare della NATO, con inevitabili condizionamenti di natura economica e politica da parte degli USA e sicuramente non dalla stessa Unione europea che peraltro non ne aveva gli strumenti per farlo.

Accanto alla NATO, ma in maniera secondaria, la pace è stata anche assicurata dall’ONU, che è una organizzazione internazionale fondata nel 1945 per mantenere la pace e la sicurezza internazionale attraverso la cooperazione tra Stati, disciplinata dalla Carta delle Nazioni Unite che definisce gli obiettivi dell’ONU che consistono nella pace, nei rapporti amichevoli tra nazioni, nella promozione dei diritti umani e nella risoluzione di problemi globali.

Questa Unione europea non può quindi rivendicare alcun ruolo in relazione alla sicurezza ed alla conservazione della pace, perché è un merito che non le appartiene.

Infatti l’Unione europea che non ha mai garantito alcuna pace, non ha fermato alcun massacro, anzi, ha contribuito a crearne altri ed oggi, guidata dal caparbio presidente plenipotenziario della sua Commissione, signora Von der Leyen, vuole trascinare gli Stati europei in una temeraria guerra contro la Russia, dal momento che invocando l’emergenza, per un pericolo inesistente, al fine di aggirare le procedure previste e il voto all’unanimità, intende portare avanti celermente l’operazione “riarmo generale”.

Sta avvenendo che, senza tener conto del parere legale del Parlamento e del voto unanime della commissione giuridica (JURI), la signora Von der Leyen vuole far approvare dalla Commissione e dal Consiglio la proposta legislativa “Safe”, facente parte del piano “ReArm Eu” avente lo scopo di istituire prestiti fino a 150 miliardi di euro per rafforzare l’industria della difesa europea.

In tale contesto un parlamento, come è quello europeo, privo di poteri legislativi, perché così è stato voluto dai fondatori dell’Ue, non ha alcuna possibilità di fermare il presidente della commissione che insieme ai suoi tecno commissari spinge spasmodicamente ed irrazionalmente verso la guerra al suo nemico immaginario, rappresentato dalla Federazione Russa.

In concreto questa Unione europea, tanto osannata dai più, che ha preteso cessioni di sovranità dagli Stati aderenti ed imposto soltanto continui sacrifici, pesanti restrizioni e inaudite coercizioni alle popolazioni, non ha mantenuto alcuna delle promesse che aveva fatto.

Infatti questa Unione, che di fatto è una comunità sopranazionale che impone il trasferimento parziale di sovranità dagli Stati membri alla Comunità, avrebbe dovuto prevedere sempre la partecipazione dei cittadini alla vita della Comunità stessa mediante un Parlamento munito di pieni poteri di legiferare, proprio perché i destinatari dei diritti e degli obblighi che derivano dagli atti comunitari non sono solo gli Stati membri, ma soprattutto i cittadini tutti, ma così nella realtà non è questo che avviene e non è quello che potrà mai avvenire.

Dunque ci sono tutti i presupposti per recedere dall’Unione europea invocando l’art.50 del Trattato sull’Unione europea e riscattare la sovranità perduta, peraltro in violazione dell’art.11 cost., che avrebbe consentito soltanto una limitazione di sovranità e non la cessione, per riacquistare la piena indipendenza dell’Italia dai diktat stranieri e per tornare ad essere liberi di decidere tutto quello che riguarda il nostro territorio, il nostro popolo ed i nostri interessi nazionali.