La capitana Carola Rackete strumento del potere neoliberista mondialista e sua vittima sacrificale
Sea Watch a Lampedusa

 

Dopo il forzo del blocco la posizione della capitana Carola Rackete, comandante della nave Sea Watch, si è aggravata, infatti alla violazione del decreto legge n.53/19 (decreto sicurezza bis) ed alle possibili ipotesi di reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di associazione per delinquere, si sono aggiunti il delitto di cui all’art. 1099 codice navigazione (rifiuto di obbedienza a nave da guerra) che prevede che il comandante della nave, che nei casi previsti nell’articolo 200 non obbedisce all’ordine di una nave da guerra nazionale, è punito con la reclusione fino a due anni”, il delitto di cui all’art. 1100 codice navigazione (resistenza o violenza contro nave da guerra) che prevede che “il comandante o l’ufficiale della nave, che commette atti di resistenza o di violenza contro una nave da guerra nazionale, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. La pena per coloro che sono concorsi nel reato è ridotta da un terzo alla metà”, il delitto di cui all’art. 110 codice penale (concorso di persone nel reato) che prevede che “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti”, del delitto di concorso di persone nel reato di cui  all’art.110 codice penale che prevede che “quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti” e del delitto di cui all’art.428 del codice penale che prevede il Naufragio, sommersione o disastro aviatorio e così recita: “Chiunque cagiona il naufragio o la sommersione di una nave o di un altro edificio natante, ovvero la caduta di un aeromobile, di altrui proprietà è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
La pena è della reclusione da cinque a quindici anni se il fatto è commesso distruggendo, rimuovendo o facendo mancare le lanterne o altri segnali, ovvero adoperando falsi segnali o altri mezzi fraudolenti.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche a chi cagiona il naufragio o la sommersione di una nave o di un altro edificio natante, ovvero la caduta di un aeromobile, di sua proprietà, se dal fatto deriva pericolo per la incolumità pubblica”.

Fin dal primo momento la coraggiosa, ma sfrontata comandante della nave Sea Watch ha tentato prepotentemente di prevaricare sulle leggi vigenti in Italia, invocando sempre lo stato necessità, ma pur minacciando l’ingresso nelle acque territoriali italiane e l’approdo nel porto di Lampedusa anche senza l’autorizzazione delle Autorità competenti non aveva mai posto in essere in concreto alcuna azione.

Dopo la visita a bordo della nave della delegazione dei parlamentari del Pd che evidentemente le hanno lasciato intendere che oltre alla solidarietà non le sarebbe mancata una totale copertura legale (molti penalisti milanesi di area Pd si sarebbero messi a disposizione per la difesa) , anche perché in data 7 ottobre 2009 proprio il collegio della prima sezione penale del Tribunale di Agrigento aveva pronunciato una sentenza, depositata il 15 febbraio 2010, con cui in un caso analogo aveva escluso profili di responsabilità ed assolto tutti gli imputati.

Forte di questo precedente giurisprudenziale e della protezione dei suoi amici del Pd, la capitana ha creduto erroneamente di poter impunemente violare anche altre leggi vigenti in Italia con le conseguenze inevitabili che si possono leggere sui giornali e vedere in televisione che trattano ampiamente dell’impresa del cd. “eroina”, questa volta con meno enfasi rispetto a quello che accadeva prima in quanto, piaccia o non piaccia, siamo in presenza di un soggetto che con coscienza e volontà ha scelto di violare la legge penale.

Dunque dopo gli ultimi eventi le responsabilità derivanti dalla condotta illecita della capitana Carola Rackete sono duplici, di natura penale, di competenza del giudice ordinario penale di Agrigento e di ordine amministrativo, per la violazione del decreto Sicurezza bis, di competenza del Prefetto di Agrigento.

Per quanto sul piano umano potrebbero suscitare dispiacere le gravi conseguenze che ricadranno sulla capitana Carola Rackete, non si può fare a meno di considerare che il suo comportamento non è stato completamente autonomo, perchè certamente la stessa ha eseguito le istruzioni dell’armatore della nave.

Il Comandante di una nave infatti è nominato dall’armatore, del quale ha la rappresentanza legale e processuale, cui è legato da un rapporto di lavoro subordinato (contratto di arruolamento) e del quale è tenuto ad eseguire sempre le istruzioni.

E’ pertanto difficile accertare se nella fattispecie la capitana Carola Rackete, disattendendo  gli obblighi contrattuali del suo arruolamento, ha operato autonomamente in nome del principio invocato dello stato di necessità, oppure, ha agito su precise istruzioni dell’armatore della nave della OMG e dunque quale suo strumento a bordo della nave per la realizzazione di un0 scopo e nel contempo sua vittima sacrificale.

https://www.meltingpot.org/IMG/pdf/tribunale_agrigento_15022010_1.pdf