La cessione di armi all’Ucraina è costituzionalmente illegittima ed inammissibile
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L’Articolo 11 della Costituzione Italiana così recita: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

I costituenti scelsero una ferma presa di distanza dalla guerra offensiva, quella che costituisce uno strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

L’art.11 cost. istituisce il principio del ripudio della guerra in tutte le sue forme, riferendosi in particolare alla guerra offensiva, ritenendosi tacitamente ammessa esclusivamente la guerra difensiva, in caso di attacco militare contro il proprio territorio da parte di una potenza straniera.

Tale interpretazione letterale e sistematica dell’art.11 è possibile attraverso l’art. 52 Cost. che, fermo ed impregiudicato il ripudio di ogni forma di guerra, consente quella difensiva della Patria.

La Costituzione sembra chiara sul punto, anche se va dato atto che ben diversa è l’opinione dominante di chi di volta in volta si è avvicendato al governo della nostra Nazione.

Pur essendo la Costituzione italiana rigida, in quanto richiede per la sua modifica una speciale procedura di revisione che implica una maggioranza assoluta delle Camere e, talvolta, un referendum popolare, nella prassi quotidiana i politici hanno fatto ricorso al malvezzo di inventare una seconda Costituzione, quella materiale che è frutto di una interpretazione elastica e libera di ogni sua parte e che serve loro da supporto per ragioni di mera convenienza occasionale ed opportunità del momento.

L’interpretazione letterale e logica dell’art. 11 Cost. proibisce non solo la partecipazione diretta dell’Italia ad ogni tipo di guerra, ma anche ogni forma di assistenza a Stati che le conducano, il che comporta che il ripudio della guerra si estenda all’assistenza tecnologica, alla consulenza sulle operazioni militari e anche alla fornitura di armi.

Peraltro, l’art.8 della legge di guerra e di neutralità di cui al R.D. 8 luglio 1938, n. 1415 entrata in vigore il 30/09/1938, aggiornata in data 08/05/2010 ed ancora in vigore nella Repubblica Italiana, recante il titolo Divieto di forniture belliche e di aiuti finanziari, prevede cheLe amministrazioni dello Stato non possono fornire ai belligeranti armi, munizioni o quanto altro può essere utile alle forze armate, né concedere a essi crediti o aiuti finanziari di qualsiasi genere.”

Analoga previsione è imposto dalla legge 185/90 che vieta l’export, l’import e il transito di materiale bellico verso paesi: in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite (diritto di autotutela di uno stato Onu in caso di aggressione); la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione; sottoposti a embargo totale o parziale da parte delle Nazioni Unite o dell’Unione europea; in cui ci sono gravi violazioni dei diritti umani, accertate però dalle Nazioni Unite, dall’Ue o dal Consiglio d’Europa.

L’Italia, come è noto, ha inviato all’Ucraina non soltanto aiuti finanziari, ma anche le armi e continua a farlo, utilizzando surrettiziamente la Nato, che organizza il ponte aereo per la loro consegna, ma nonostante tale espediente ciò non significa che non stia violando spudoratamente la normativa vigente in materia.

Ancor più grave appare poi la circostanza che i Paesi in conflitto tra loro sono la Federazione Russa e l’Ucraina che non sono Stati membri delle Nazioni Unite.

L’Articolo 5 della NATO oppure del Patto atlantico, Trattato sottoscritto a Washington il 4 aprile 1949 prevede: Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall’art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell’Atlantico settentrionale….omissis….”

L’apertura dell’art.11 Cost. ad organizzazioni e ordinamenti internazionali che assicurino la pace e la giustizia fra le Nazioni non significa il superamento del ripudio della guerra, né che la guerra, come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, quand’anche fosse soltanto difensiva, non si ponga in contrasto con il suo categorico ripudio imposto dalla nostra Costituzione.

Pertanto ogni risoluzione «guerresca» adottata da organizzazioni internazionali non potrà mai essere riconosciuta dall’ordinamento costituzionale italiano, altrimenti il ripudio della guerra verrebbe cancellato.

Un’altra considerazione degna di attenzione, da cui deriva il seguente interrogativo: se l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro» e se dall’altro «la sovranità è esercitata dal popolo nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione» e quindi non dal Governo, può quest’ultimo agire con spregiudicata disinvoltura nell’ambito di un’opaca «governance globale» internazionale o transnazionale fatta di G7, Nato e riunioni del Consiglio dell’Unione europea?

L’art. 11 quindi non va letto come una “delega in bianco” al diritto internazionale, ma come una limitazione di sovranità della Repubblica, condizionata all’effettivo perseguimento, da parte delle organizzazioni internazionali, della pace e della giustizia tra le Nazioni.

Non è per niente ammissibile che il governo italiano si muova schierato pedissequamente a favore della Nato, sotto i diktat dell’Unione europea e per essa della sua Commissione e conseguentemente contro la nostra Costituzione.

La Carta ONU riconosce a determinate condizioni il diritto naturale all’autodifesa e al soccorso difensivo, alla cd. «legittima difesa collettiva», ma certo non obbliga gli Stati membri all’autodifesa e al soccorso difensivo!

Appaiono fondati i dubbi circa la legittimità costituzionale dell’invio di armi in Ucraina, senza che ciò metta in discussione la legittimità costituzionale di ogni trattato di alleanza militare difensiva. Questo perché non è possibile sostenere al tempo stesso che l’art. 11 obblighi lo Stato italiano a «perseguire attivamente una politica pacifista» e che l’invio di armi a un paese in guerra sia una decisione di pura discrezionalità politica, da prendere in uno spazio “giuridicamente vuoto” di diritto costituzionale riempito solo da riferimenti al diritto internazionale.

L’interpretazione storica dell’art. 11 della Costituzione esclude il soccorso difensivo a terzi stati in guerra.

I decreti legge n. 14 e 16 hanno messo il Parlamento di fronte al fatto compiuto: quest’ultimo ha, infatti, autorizzato “‘a scatola chiusa” il Governo a prendere decisioni chiare in materia di politica estera e difesa. Particolarmente rilevante, sul punto, l’articolo 1 del decreto-legge n. 16 che consente, previo atto di indirizzo delle Camere, la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari alle autorità governative ucraine, in deroga alla legge n. 185 del 1990, e agli articoli 310 e 311 del Codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010

Ci troviamo di fronte ad una profonda alterazione degli equilibri costituzionali in tema di controllo democratico della politica estera e di difesa.

La secretazione dei provvedimenti emanati dal governo poi ha impedito ed impedisce tuttora una corretta informazione di ciascun parlamentare circa elementi fondamentali della politica estera del governo, dall’altro ha costretto e continua a costringere il Parlamento a convertire in legge decreti senza che siano note caratteristiche fondamentali degli stessi. In tal modo è impedito sia il sindacato ispettivo, sia il diritto ad esaminare i contenuti della legge posta in votazione, che sono prerogative fondamentali di ciascun parlamentare.

Per tutte le esposte ragioni l’interpretazione letterale, sistematica e soggettiva-storica del ripudio della guerra di cui all’art. 11 della Costituzione italiana ci conduce inevitabilmente alla conclusione della illegittimità costituzionale della cessione di armi all’Ucraina.