La secretazione di atti e documenti governativi e la corretta informazione
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Sui fatti riguardanti la secretazione di atti e documenti governativi, si deve osservare che solo una corretta informazione consente ai cittadini di conoscere e disporre degli elementi di valutazione cui hanno diritto.

Nel processo amministrativo la tutela cautelare in genere ha luogo innanzi allo stesso ufficio giudiziario del giudizio del merito, riunito in forma collegiale, nel caso dei Tribunali amministrativi composti da tre giudici e nel caso di appello, davanti al Consiglio di Stato con cinque giudici.

Tuttavia, in caso di estrema urgenza, la decisione cautelare può essere provvisoriamente adottata senza contraddittorio attraverso un decreto monocratico del Presidente dell’organo giurisdizionale dinnanzi al quale pende il processo.

La statuizione monocratica di accoglimento dell’istanza cautelare e/o di sospensione dell’efficacia esecutiva di una sentenza del TAR è come accennato soltanto interinale, nel senso che il Presidente di Sezione del Consiglio di Stato che ha concesso la sospensione deve fissare contestualmente la comparizione delle parti in Camera di Consiglio ed quella udienza, che non è pubblica ed ha luogo nel rispetto del contraddittorio alla presenza dei soli difensori delle parti,  il collegio con sua ordinanza può confermare il decreto, o revocarlo, fermo restando che la decisione finale verrà poi adottata con la successiva sentenza che deciderà  anche il merito.

Il decreto monocratico, come d’altronde anche l’ordinanza emessa dopo la discussione in camera di consiglio, al contrario della sentenza, che decide anche il merito, vanno motivati soltanto sinteticamente dopo una valutazione limitata al fumus boni iuris (esistenza del diritto) ed al periculum in mora (pericolo nel ritardo), ciò al fine di non interferire nella autonomia del giudice del merito.

Le sentenze emesse dal TAR in primo grado sono per legge tutte provvisoriamente esecutive e dunque, anche se sono appellate, spiegano da subito i loro effetti.

Proprio per questo se si vuole sospendere l’esecutività di una sentenza del Tar è necessario chiedere al Consiglio di Stato in fase cautelare un’ordinanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza di primo grado.

Non sempre il giudice al quale è indirizzata una domanda cautelare fissa immediatamente l’udienza in camera di consiglio per la discussione sulla cautelare, può inoltre verificarsi che, ove fissata, l’interessato rinunci o che il giudice, nell’accordo delle parti, disponga l’abbinamento della decisione cautelare alla decisione del merito, stabilendo per la discussione del merito una data vicina e rinviando a quella data la decisione sulla domanda cautelare.

Altre volte, all’esito della discussione sulla domanda cautelare il giudice, su richiesta delle parti, può decidere subito il merito della controversia con una sentenza in forma semplificata.

Tuttavia nella maggior parte dei casi, quando l’appellante ha urgenza di ottenere con immediatezza la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, fa ricorso alla richiesta di un decreto monocratico che in genere viene concesso, naturalmente in assenza di contraddittorio e nelle spazio di poche ore, dal presidente della Sezione cui è assegnato il processo, il quale fissa, come detto la camera di consiglio che sarà chiamata a confermarlo o a revocarlo, previo l’ascolto dei difensori delle parti.

Fatta questa indispensabile premessa, per una migliore comprensione di come sono andate le cose, occorre esaminare quello che realmente è successo dal momento che da più parti o per una totale ignoranza sulle regole che disciplinano un processo amministrativo, o, peggio, per un uso strumentale e fuorviante della espositiva dei fatti, si sta fornendo degli stessi una informazione poco corretta e assolutamente non reale.

Con sentenza n.8615/2020 il Tar Lazio accoglieva l’istanza di accesso civico generalizzato, avanzata dai ricorrenti Todero Rocco Mauro, Palumbo Vincenzo e Pruiti Ciarello Andrea contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Protezione Civile, avente ad oggetto l’ostensione di n. 5 verbali relativi ai pareri espressi dal Comitato Tecnico Scientifico, in particolare: 1) del 28 febbraio 2020, citato nelle premesse del DPCM del 1° marzo 2020; 2) del 1° marzo 2020, citato, anch’esso nelle premesse del DPCM del 1° marzo 2020; 3) del 7 marzo 2020, citato nelle premesse del DPCM dell’8 marzo 2020; 4) n. 39 del 30 marzo 2020, citato nelle premesse del DPCM del 1° aprile 2020; 5) n. 49 del 9 aprile 2020, citato nelle premesse del DPCM del 10 aprile 2020.

Nella parte motiva della precitata sentenza di accoglimento il giudice di primo grado evidenziava quanto segue:

“1. Violazione degli articoli 1 e 2 della Costituzione. Violazione degli articoli 22, 24 e seguenti della legge n. 241/1990. Violazione degli articoli 5 e 5 bis del decreto legislativo n. 33/2013. Eccesso di potere per sviamento: il presupposto da cui ha preso le mosse l’amministrazione resistente sarebbe palesemente errato, poiché i DDPCM adottati per fare fronte all’emergenza epidemiologica e in vista dei quali sono state richieste le valutazioni tecnico scientifiche del citato Comitato non sono atti normativi, né atti amministrativi generali, ma più semplicemente, sono ordinanze contingibili e urgenti di cui hanno tutte le caratteristiche. 2. Violazione degli articoli 22, 24 e seguenti della legge n. 241/1990. Violazione degli articoli 5 e 5 bis del decreto legislativo n. 33/2013. Violazione dell’articolo 3 della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per irragionevolezza manifesta. Violazione delle linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’arti. 5, comma 2, del D. L GS. n. 33/2013: anche a volere accogliere la tesi dell’amministrazione resistente, secondo cui i DDPCM oggetto del presente giudizio sarebbero atti normativi o amministrativi generali, i verbali del Comitato Tecnico Scientifico non rientrerebbero fra gli atti esclusi dall’accesso previsto dal D. Lgs. n. 33/2013: infatti l’art. 24 comma 1 lett. c), L. n. 241 del 1990, per il quale “il diritto di accesso è escluso nei confronti dell’attività della p.a. diretta all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”, esclude espressamente dal suo ambito di applicazione quelle attività dell’amministrazione rivolte anche alla adozione ed alla approvazione degli strumenti di pianificazione urbanistica, non perché quei procedimenti siano sottratti alla trasparenza e alla conoscenza dei cittadini e non sia possibile nei loro confronti alcun tipo di accesso, ma solo perché la trasparenza degli atti volti all’emanazione del piano – che era possibile già prima L. n. 241 del 1990 – continua ad essere disciplinata dalle norme speciali che la regolavano e che prevalgono pertanto su quelle generali. 3. Violazione degli articoli 1, 2, 3, 4, 13, 16, 17, 19, 24 e 41 Costituzione. Violazione dell’articolo 24, comma 7, della Legge n. 241/1990. Violazione degli articoli 5 e 5 bis del D. Lgs. n. 33/2013: i verbali del Comitato tecnico scientifico di cui gli odierni ricorrenti hanno chiesto l’accesso generalizzato hanno rappresentato il supporto tecnico per provvedimenti straordinari che hanno ridotto ai minimi termini l’esercizio della libertà personale, della libertà di movimento, della libertà di riunione, della libertà religiosa, della libertà d’impresa e del diritto al lavoro. La mancata conoscenza dei predetti verbali inciderebbe dunque: A) sotto il profilo della possibilità di esercitare il diritto di difesa; B) all’interno del circuito Sovranità-Democrazia, sotto il profilo della possibilità di esercitare l’ordinario controllo politico-democratico. 4. Violazione della Circolare n. 1/2019 della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Eccesso di potere per contraddittorietà. Il paragrafo 3, sotto paragrafo ii) della circolare della Presidenza del Consiglio n. 1/2019 prevede che “Come chiarito nella Circolare FOIA n. 2/2017 (§ 2.1), con il D.lgs. n. 97 del 2016 l’ordinamento italiano ha riconosciuto la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni come diritto fondamentale, in conformità all’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). Dal carattere fondamentale del diritto di accesso generalizzato deriva che, nel definire le modalità di attuazione di questo istituto con regolamento o circolare, le pubbliche amministrazioni possono disciplinare esclusivamente i profili procedurali e organizzativi di carattere interno, ma non i profili di rilevanza esterna che incidono sull’estensione del diritto. Di conseguenza, le amministrazioni non potrebbero individuare con regolamento categorie di atti sottratte all’accesso generalizzato, come prevede invece l’art. 24, comma 2, l. n. 241 del 1990 in tema di accesso procedimentale.” La disciplina del DPCM n.143/2011, adottata in epoca antecedente al D. Lgs. n. 33/2013, non potrebbe dunque ò essere chiamata in causa per contrastare la richiesta di accesso generalizzato. 5. Violazione dell’articolo 117, comma 1, della Costituzione in relazione alla violazione dell’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. L’amministrazione si è costituita in giudizio con articolata memoria opponendosi e nell’odierna camera di consiglio svolta da remoto, sentite le parti presenti come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione. Tanto premesso, ritiene il Collegio di accogliere il ricorso, in considerazione della fondatezza della prima censura, con cui parte ricorrente contesta la qualificazione formale attribuita dall’amministrazione ai verbali del Comitato Tecnico Scientifico nominato ai sensi dell’O.C.D.P.C. n. 630/2020 – che esprimerebbero “pareri prodromici all’adozione di atti amministrativi generali, o subordinatamente di atti normativi, di pianificazione e programmazione” sottratti all’accesso ai sensi dell’art.24 della L. n.241/90, con la conseguenza che il Comitato rientrerebbe a pieno titolo nell’elencazione degli organi di cui al citato articolo 1, comma 1, D.P.C.M. n.143/2011- e comunque la sussistenza di ragioni sostanziali ostative, nel caso in esame, all’esercizio del diritto di accesso. Ed invero, rileva il Collegio che i verbali in oggetto costituiscono, effettivamente, atti endoprocedimentali prodromici all’emanazione dei Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanati in attuazione del D.L. 23 febbraio 2020, n.6, al fine di indicare le misure necessarie ad evitare la diffusione del virus Covid – 19 sull’intero territorio nazionale, in forza della delega conferita dal Legislatore in particolare con l’art. 3 del richiamato D.L. n.6/2020, convertito con L. n. 13/2020 e con l’art. 2 del D. L. n. 19 del 25 marzo 2020, convertito con L. n. 35/2020. E tuttavia, rileva il Collegio che a tali DDPCM., e quindi a maggior ragione ai presupposti pareri adottati dal Comitato tecnico scientifico nominato ai sensi del D.L. 8 aprile 2020, non possa innanzitutto attribuirsi la qualificazione di atti normativi, tale da sottrarli all’accesso ai sensi dell’art. 24, comma 1, della legge n. 241/1990 e dell’art. 1, comma 1 del DPCM n. 143/2011 (la cui impugnazione deve, dunque, ritenersi nel caso in esame ininfluente), in quanto privi del requisito dell’astrattezza e della capacità di innovare l’ordinamento giuridico. Né può ritenersi, comunque, che si tratti di atti amministrativi generali – con i quali hanno in comune unicamente la caratteristica della generalità dei destinatari- del pari sottratti alla disciplina dell’accesso in esame ai sensi delle disposizioni richiamate, non per intrinseche esigenze di “segretezza”, quanto piuttosto perché la legge assicura agli atti amministrativi generali e agli atti di pianificazione particolari forme di pubblicità e trasparenza. Piuttosto, quanto ai DDPCM in argomento, va evidenziata la peculiare atipicità, che si connota da un lato per caratteristiche ben più assonanti con le ordinanze contingibili e urgenti (quali, ad esempio, gli stessi interventi di profilassi igienico-sanitaria a contenuto generale attuabili con decreto del ministro della sanità, il cui potere è stato effettivamente esercitato durante l’emergenza Covid-19 con le ordinanze 25/01/2020, 30/01/2020 e 20/03/2020 mediante provvedimenti aventi contenuto e caratteristiche di ordinanza contingibile e urgente ex artt. 32 della legge 23/12/1978, n. 833, e 117 del d.lgs. 31/03/1998, n. 112., analogamente rivolte alla generalità dei consociati), in quanto si tratta di provvedimenti adottati sulla base di presupposti assolutamente eccezionali e temporalmente limitati che, a differenza degli atti amministrativi generali tout court, consentono di derogare all’ordinamento giuridico anche imponendo, come nel caso in esame, obblighi di fare e di non fare (caratteristica questa che differenzia nettamente dagli atti amministrativi generali le ordinanze contingibili e urgenti, la cui giustificazione si rinviene nell’esigenza di apprestare alla pubblica utilità adeguati strumenti per fronteggiare il verificarsi di situazioni caratterizzate da eccezionale urgenza, tali da non consentire l’utile e tempestivo ricorso alle alternative ordinarie offerte dall’ordinamento), ma dalle quali si differenziano per la carenza del presupposto della “contingibilità”, atteso che i DDPCM in questione riproducono contenuti già dettagliatamente evidenziati nei DD.LL. attributivi del potere presupposti. La possibilità di utilizzo, in via del tutto residuale, di tale strumento, recando con sé l’inevitabile compressione di diritti ed interessi privati con mezzi diversi da quelli aventi un contenuto tipico e indicati dalla legge, impone il rigoroso rispetto di precisi presupposti, la cui ricorrenza l’Amministrazione è tenuta ad appurare attraverso un’accurata istruttoria, nel rispetto dei limiti di carattere sostanziale e procedurale, non giustificandosi, altrimenti, la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi.” ….omissis…. “la ratio dell’intera disciplina normativa dell’accesso – proseguiva il Tar- impone di ritenere che se l’ordinamento giuridico riconosce, ormai, la più ampia trasparenza alla conoscibilità anche di tutti gli atti presupposti all’adozione di provvedimenti individuali o atti caratterizzati da un ben minore impatto sociale, a maggior ragione deve essere consentito l’accesso ad atti, come i verbali in esame, che indicando i presupposti fattuali per l’adozione dei descritti DDPCM, si connotano per un particolare impatto sociale, sui territori e sulla collettività. Il ricorso in oggetto, assorbita ogni altra censura, deve pertanto essere accolto, in considerazione della natura degli atti chiesti in visione nonché delle finalità dello strumento dell’accesso civico generalizzato di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 33/2013, che oltre a favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, ha anche la finalità di promuovere, come nel caso in esame, la partecipazione al dibattito pubblico…”.

Con ricorso in appello iscritto al n.6169/2020, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Protezione Civile difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, contro Todero Rocco Mauro, Palumbo Vincenzo e Pruiti Ciarello Andrea, veniva impugnata innanzi al Consiglio di Stato la citata sentenza n.8615/2020 del Tar Lazio pubblicata il 22 luglio 2020 e veniva chiesta al presidente di Sezione la misura cautelare monocratica provvisoria ai sensi dell’art. 56 c.p.a. per ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva della suddetta sentenza.

L’istanza cautelare veniva giustificata dai seguenti motivi a sostegno della esistenza di un pregiudizio all’ostensione dei verbali:

-danno concreto all’ordine pubblico e la sicurezza che la conoscenza dei verbali del C.T.S., nella fase dell’emergenza, avrebbe comportato sia in relazione alle valutazioni tecniche che agli indirizzi generali dall’organo tecnico, sussunti o meno nei DD.PP.C.M.; ciò a intuitiva ragione del fatto che l’epidemia da covid19 è un novum epidemiologico mai conosciuto e ogni valutazione medico-tecnica al riguardo è stata, ed è, connotata da ampi margini di opinabilità e rischio;

-tale pregiudizio sarebbe derivato direttamente dalla divulgazione delle informazioni richieste (a titolo esemplificativo, le specifiche e plurime valutazioni tecnico-mediche sull’epidemia, sul suo andamento, sulle analisi dei fabbisogni medico-ospedalieri e quanto altro attinente direttamente o indirettamente, ivi compresi i rapporti e i flussi di persone con o da paese esteri).

-detto pregiudizio sarebbe stato altamente probabile, sia in relazione all’attualità che in relazione ad altre – probabilissime ed imminenti – prosecuzioni dello stato emergenziale e dei relativi provvedimenti che fosse stato necessario emettere a tutela della salute pubblica e della vita dei cittadini.

Il Consiglio di stato in sede giurisdizionale (sezione terza), con decreto monocratico n.06169/2020 del suo presidente dott. Franco Frattina così statuiva:

  “Rilevato che, i verbali di cui si è chiesta l’ostensione hanno – nel quadro della cennata eccezionalità e specialità normativa e amministrativa – il carattere di atti procedimentali tecnici prodomici alla adozione di D.P.C.M. volti a fronteggiare la pandemia, la domanda di accesso, e l’istanza cautelare volta a sospenderne l’esecuzione, deve essere valutata in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata del sistema eccezionale ancora, auspicabilmente per poco tempo, vigente, in particolare:

detti verbali hanno costituito il presupposto per l’adozione di misure volte a comprimere fortemente diritti individuali dei cittadini, costituzionalmente tutelati ma non contengono elementi o dati che la stessa appellante abbia motivatamente indicato come segreti;

le valutazioni tecnico-scientifiche si riferiscono a periodi temporali pressocché del tutto superati e la stessa Amministrazione, riservandosi una volontaria ostensione, fa comprendere di non ritenere in esse insiti elementi di speciale segretezza da opporre agli stessi cittadini, che le forti riduzioni di libertà hanno accettato in norme di una emergenza sanitaria i cui aspetti proprio quei verbali elaborano;

non si comprende, proprio per la assoluta eccezionalità di tali atti, rispetto alle categorie tradizionali invocate in senso opposto dalle due parti, perché si debba includere tali atti atipici nel novero di quelli sottratti alla generale regola di trasparenza e conoscibilità da parte dei cittadini, giacché la recente normativa – ribattezzata “freedom of information act” sul modello americano – prevede come regola l’accesso civico e come eccezione – tra cui questi atti atipici non possono essere inclusi né per analogia né per integrazione postuma della norma – la non accessibilità di quelle sole categorie di atti che, trattandosi di eccezione alla regola, devono essere interpretate restrittivamente; è stato peraltro chiarito che le norme sull’accesso civico generalizzato e quelle sull’accesso documentale vanno congiuntamente considerate come complesso regolatore che non restringe ma globalmente amplia la trasparenza e quindi il diritto di partecipazione del cittadino;

Considerato che, in mancanza della considerazione di tali verbali tra le categorie per cui la norma sull’accesso civico prevede la non ostensione, essa non può essere affidata, come sostiene l’appellante, “alla facoltà della Amministrazione, di valutare l’ostensibilità, qualora ritenuto opportuno, di tali verbali al termine dello stato di emergenza”.

Ritenuto, infatti, che tale riserva – specie se riferita alla stragrande maggioranza dei verbali riferita a periodi da tempo superati – si risolve in un discrezionale e unilaterale potere di esibire o meno atti la cui ostensibilità la legge non esclude espressamente dunque, secondo la regola generale, deve essere consentita;

Considerato che, va riconosciuto, una interpretazione diversa – su cui l’appellante molto insiste – può essere quella della natura, per i verbali richiesti, di documenti concernenti il lavoro di commissioni, organi collegiali, gruppi di studio e di lavoro, qualora finalizzati all’adozione di atti normativi…(cfr. art. 24 co. 2 L. 241/90 e D.P.C.M. n. 143/2011);

Considerato, tuttavia, quanto alla domanda di sospensione con decreto presidenziale della appellata sentenza, che la stessa – nella presente materia dell’accesso – dispone che siano esibiti i verbali richiesti; ciò determina, in presenza di questione nuova e giuridicamente meritevole di approfondimento collegiale, che soltanto con l’accoglimento della istanza cautelare si possa evitare l’effetto di far conseguire alle parti appellate in modo definitivo l’utilità finale attesa, e ciò con decreto monocratico, rendendo inutile – a visione avvenuta nelle more – persino la discussione collegiale sulla istanza cautelare medesima e la stessa definizione nel merito della lite. Per queste ragioni, impregiudicata quanto al “fumus boni juris” ogni soluzione da assumere in sede collegiale anche alla luce dei punti problematici sovra indicati, è necessario che le esecutività della sentenza e quindi dell’ordine di esibizione sia sospesa fino alla discussione in camera di consiglio, ed in contraddittorio tra le parti.

Resta, come per legge affidata alla valutazione collegiale la decisione sulla possibilità di trattenere – ex art. 60 c.p.a. la causa in decisione nel merito in sede di camera di consiglio”. omissis….. P.Q.M. si accoglie l’istanza “e, per l’effetto, sospende l’esecutorietà della sentenza appellata fino alla discussione collegiale, che fissa alla camera di consiglio del 10 settembre 2020”.

Questi sono i fatti che vanno esposti ed illustrati nella loro sequenza cronologica, senza forzature, né libere interpretazioni, nè tentativi di fornirne una versione difforme dalla realtà, e, soprattutto, senza alcuna ipotetica ed inopportuna anticipazione dell’esito di un giudizio in grado di appello che è ancora sub judice.

Naturalmente, ma solo per dovere di informazione, non si deve sottacere che il presidente della Sezione III del Consiglio di Stato che ha concesso il decreto cautelare monocratico è il dott. Franco Frattini, valido giurista, il quale in passato è stato deputato dello schieramento di centro destra per quattro legislature (dalla XIII alla XVI), Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali, Ministro degli Affari esteri, durante il governo Berlusconi, Ministro della funzione pubblica con il governo Dini, Presidente COPACO, Commissario europeo per la Giustizia, la Libertà e la Sicurezza e Vicepresidente della Commissione europea.

Per lo stesso motivo di correttezza di leale informazione giova inoltre ricordare che il Prof. Avv. Giuseppe  Conte, prima di essere nominato Presidente del consiglio nei due governi da lui presieduti e tuttora in carica, ha fatto parte, nella precedente consiliatura, del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa (CPGA).

Tale organo, composto prevalentemente da magistrati e solo in quota minoritaria da cittadini eletti dal Parlamento, opera proprio nella stessa sede dove si trova il Consiglio di Stato, il cui Presidente lo presiede.

Con ciò non si vuole affermare che sussiste una sorta di incompatibilità in capo a Giuseppe Conte in relazione al procedimento pendente in grado di appello innanzi al Consiglio di Stato ed avente ad oggetto la pubblicazione di atti e documenti secretati dal governo, tuttavia non si può negare che esiste una certa contiguità tra l’attuale Presidente del consiglio e qualcuno dei magistrati del Consiglio di Stato, dal momento che egli ha fatto parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa.

La accennata contiguità tra l’Avv. Giuseppe Conte e qualche magistrato del Consiglio di Stato potrebbe importare uno sviamento dalla funzione pubblica (articolo 97 della Costituzione) che prescrive il perseguimento degli interessi generali, specie in una materia così delicata come la richiesta di pubblicazione di documenti ed atti riguardanti l’emergenza Covid-19.

Questi i fatti, che nessuno potrà smentire e che i cittadini italiani hanno il diritto di conoscere per capire ogni cosa ed ogni comportamento, anche quelli meno noti, perché un giorno saranno chiamati a giudicare con l’unico strumento democratico che è loro rimasto, quello della SOVRANITA’ APPARTENENTE AL POPOLO!

 

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