Lecce appunti di urbanistica
Lecce

 

(pubblicato su  “Il Corsivo” n. 29 del  22 luglio 1998)                                              

La problematica urbanistica del Comune di Lecce merita alcune riflessioni che potranno costituire uno stimolo per i nuovi amministratori nella speranza che sia affrontata con maggiore impegno di quanto non sia fatto fino ad ora.

La città, dopo oltre 30 anni di studi e discussioni, si era finalmente dotata negli anni ’80 di un piano regolatore.

Precedentemente invece si operava sulla base di vecchi piani di fabbricazione che facevano seguito al piano regolatore del 1934.

Il consiglio comunale di Lecce ha avuto circa 30 anni da quella data per adottarne uno nuovo, man mano tutte le amministrazioni via via succedutesi e malgrado la forsennata proliferazione della città (basti pensare alle costruzioni del boom economico degli anni ’60 e del periodo successivo).

L’abbandono del Centro storico è pervenuto ad un punto di degrado pressoché irreversibile, solo ove si pensi che dei 35.000 abitanti che vi abitavano negli anni ’50, adesso ne sono rimasti appena 5 o 6000.

Il degrado della zona 167 e delle periferie in genere, è poi sotto gli occhi di tutti. Puntualmente, in concomitanza con le campagne elettorali si assiste ad una serie di promesse e di buoni propositi, che però non vengono mai tradotti in interventi concreti e fattivi, come se gli abitanti di quella zona non fossero cittadini a tutti gli effetti quali quelli che abitano in piazza Mazzini.

Ancora il fenomeno della proliferazione selvaggia di abitazioni abusive nelle Marine ha provocato una vera e propria colata di cemento, a decremento dell’ambiente.

Per avere un’idea della grave situazione venutasi a creare a causa dell’inerzia di tutte le precedenti amministrazioni, basta considerare che l’unica cosa immune dalla deturpazione dei 24 Km di spiagge facenti parte del territorio della città, da Casalabate a sud si S. Cataldo, è quella di Torre Veneri, zona destinata ai militari delle Truppe Corazzate.

Le amministrazioni che si sono succedute nel tempo si sono scontrate sull’appropriazione sistematica della città e sulla spartizione delle sue risorse, sicché, soltanto un commissario prefettizio, nel 1967, riuscì a dare, dopo il sopramenzionato piano regolatore del 1934, uno straccio di programma di fabbricazione, strumento peraltro che non poteva certo avere il respiro urbanistico, la dignità e le qualità di un piano regolatore, che invece è uno studio approfondito delle risorse urbanistiche della città e su come utilizzarle al meglio.

In definitiva, dopo lo strumento del 1967, si accese più violenta, la battaglia tra le forze politiche, oltre che all’interno degli stessi partiti, per una vera e propria spartizione della città e del suo territorio.

Nel 1980 fu presentato un piano regolatore che però non venne adottato. Alla fine del mandato di quella amministrazione si ritornò all’esame del piano reso ormai inopinatamente pubblico in tutte le sue parti.

Il piano subì violente aggressioni e le sue previsioni vennero completamente stravolte con la formazione di zone non previste dal precedente, che andarono a favorire gli interessi di grossi speculatori locali che già si erano arricchiti per merito di loro familiari nel periodo precedente.

In Urbanistica si usa dire: il peggior piano regolatore è meglio di nessun piano. Venne poi il piano regolatore che individuò le aree destinate alla edificazione e quelle vincolate, senza che fosse seguito dalla attuazione dei piani particolareggiati.

Non si può affermare che le precedenti amministrazioni si siano rese protagoniste della difesa del territorio, tanto è vero che la recente sanatoria è stata accolta come panacea.

Nel frattempo il territorio, che è la più importante delle nostre risorse, è stato totalmente stravolto e con esso sono state stravolte molte delle previsioni del piano regolatore, poiché si è edificato anche in zone molte volte destinate a servizi (merito delle sanatorie).

Svolta una breve disamina dei fatti storici, formulo, quale ipotesi di lavoro, per i prossimi amministratori alcune proposte.

  1. Attuazione dei piani particolareggiati.

A differenza del piano regolatore che non si riuscì ad adottare nel 1980 e che nasceva particolareggiato anche per il Centro storico, con possibilità di cominciare a risanarlo fattivamente, quello attuale prevede piani particolareggiati.

Di questi ne è stato realizzato soltanto uno, quello per le Giravolte, mentre gli altri non sono stati ancora realizzati, pur essendo stati affidati ripetutamente, ma inutilmente, numerosi incarichi a tecnici e professionisti esterni.

Occorre al più presto attuare i piani particolareggiati onde consentire ai cittadini di costruire in armonia con le previsioni urbanistiche e dar vita all’iniziativa privata, che a sua volta, attraverso la presentazione dei piani di lottizzazione, potrebbe avviare un processo di ricucitura del tessuto urbano ed offrire nuove opportunità di lavoro.

  1. Difesa del Centro storico.

Il Centro storico non è stato difeso e non è stato valorizzato con il piano regolatore esistente. Le conseguenze della inerzia di tutti questi anni sono che un patrimonio inestimabile quale il suo tessuto abitativo, salvo rarissimi casi, è praticamente abbandonato a se stesso.

Continua senza tregua, la fuga dei cittadini dal Centro storico, continua la fuga dei servizi, quella dei commercianti, che si riversano tutti nella zona di piazza Mazzini e nelle zone limitrofe, perdendo così delle occasioni che sono connesse al potenziamento commerciale e turistico, legate strettamente ed indissolubilmente al Centro storico.

Il Centro storico di fatto invece è divenuto il rifugio per schiere di extracomunitari che si accontentano di vivere in immobili fatiscenti, in condizioni igenico-sanitarie molto spesso assai precarie.

La notte poi, tranne i luoghi celebrati, diviene una sorta di pericolosa zona franca, luogo di traffici illeciti e di frequentazione di ogni genere.

Per rivitalizzare e valorizzare il Centro storico occorre quindi operare con coraggio delle scelte che ridiano vita alle sue parti più importanti e siano quindi volte al recupero di quel patrimonio immobiliare che merita ogni sforzo per essere salvato e potrebbe dare spunti interessanti per l’incremento del turismo e scelte più drastiche per quegli immobili fatiscenti ed irrecuperabili.

  1. Interventi di riqualificazione delle zone periferiche.

Le zone periferiche della città, in particolar modo la zona 167, sono dei veri e propri quartieri dormitorio. Esse sono fortemente degradate sia sotto l’aspetto urbanistico che per quanto concerne la qualità della vita, dei veri e propri luoghi di emarginazione sociale.

Tali zone dovrebbero essere oggetto di studio approfondito per apportare quei miglioramenti urbanistici che consentano agli stessi di divenire luoghi di effettiva aggregazione sociale.

Miglioramenti che devono essenzialmente mirare alla creazione di spazi pubblici (verde attrezzato, piazze, attrezzature collettive e soprattutto completamento delle opere di urbanizzazione) al fine di realizzare in tali quartieri una coscienza di appartenenza e di radicare al luogo gli abitanti.

La mancanza di spazi collettivi infatti, rendendo difficili i rapporti umani e sociali, crea situazioni di disagio e di vuoto che portano all’alienazione di coloro che vi abitano, soprattutto dei giovani, contribuendo non poco a peggiorare le condizioni di vita e favorire fenomeni di devianza.

Questi sono alcuni degli spunti che affido all’attenzione degli amministratori di Lecce, eletti dai cittadini.