L’Unione europea e tutti gli Stati che la compongono non possono lasciare solo all’Italia la responsabilità di accogliere quanti intendono entrare nel suo territorio.
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Dopo aver chiarito in precedenza la distinzione tra migranti regolari, irregolari e clandestini, nello scritto intitolato “Impedire il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina significa tutelare la sicurezza dei cittadini e salvaguardare l’ordine pubblico”, occorre esaminare la diversa posizione dei rifugiati.

Il migrante, regolare o irregolare che sia, è una persona che volontariamente si sposta dal suo paese di appartenenza per sfuggire a condizioni di estrema povertà e va alla ricerca di migliori condizioni di vita, mosso dalla speranza di trovare altrove lavoro e benessere.

Mentre il migrante o l’immigrato può far ritorno nel suo paese d’origine in condizione di sicurezza, perché non fugge da guerre o persecuzioni, diversa è la posizione del rifugiato, il quale non può far rientro nel paese di origine senza rischiare la propria vita o l’incolumità personale.

Esiste poi una nuova categoria, che non ha ancora ricevuto un riconoscimento giuridico, quella dei migranti ambientali, i quali abbandonano il loro Paese d’origine a causa delle graduali alterazioni dell’ambiente in cui vivono e che, pur essendo vere e proprie vittime incolpevoli del cambiamento climatico, non trovano ancora piena tutela negli istituti di protezione internazionale come quella riconosciuta ai profughi ed ai rifugiati.

Nella definizione data della condizione di rifugiato dalla Convenzione di Ginevra del 1951 (trattato delle Nazioni Unite) recepita in Italia con la legge n.722 del 1954 ed entrata in vigore il 22 aprile 1954, non è menzionata l’ipotesi dei migranti ambientali.

In forza dell’art.1 della precitata Convenzione, come modificato dal protocollo del 1967, adottato il 31/1/1967 ed entrato in vigore il 4/10/1967, lo status di “rifugiato” spetta a chi attraversa la frontiera ed ottiene asilo in uno Stato Terzo.

Nel sopramenzionato primo articolo si legge che il termine di rifugiato si applicherà a: “Chiunque nel giustificato timore d’essere perseguitato per ragioni di razza, religione, cittadinanza, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori del suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi. “

Ugualmente il sistema di asilo adottato dall’Unione Europea (UE) non prevede la tipologia dei migranti climatici.

Anche se le Nazioni Unite stanno studiando il fenomeno per approntare iniziative volte ad affrontare il problema dei migranti ambientali, non esiste ancora la categoria giuridica del migrante climatico equiparabile al rifugiato e conseguentemente non vi sono obbligazioni di protezione vincolanti per gli Stati.

Il rifugiato, dal punto di vista giuridico-amministrativo, è una persona cui è riconosciuto lo status di rifugiato perché se tornasse nel proprio paese d’origine potrebbe essere vittima di persecuzioni per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, azioni vessatorie queste che per la loro natura o per la loro frequenza violano gravemente i diritti umani fondamentali.

In tale contesto normativo è consentito l’ingresso in Italia ai rifugiati, ai migranti regolari ed irregolari, ma non ai clandestini, i quali non rientrano in nessuna delle citate categorie, con la sola eccezione dei migranti climatici, il cui status di rifugiati, come detto, è ancora in fase di riconoscimento.

Pertanto i porti italiani, nel rispetto di una normativa che non consente l’immigrazione clandestina, devono rimanere chiusi ad ogni nave e ad ogni natante che trasporti persone non riconducibili nelle citate categorie.

In relazione al favoreggiamento dell’ingresso illegale, occorre puntualizzare che nel nostro ordinamento giuridico non esiste alcuna norma che punisca il mero ingresso clandestino dello straniero, fatto che non costituisce reato, ma comporta solo conseguenze di ordine amministrativo, atteso che è solo motivo di espulsione.

Se in via di ipotesi poniamo in relazione la tipologia del reato di favoreggiamento dell’ingresso clandestino con la fattispecie di favoreggiamento prevista dagli artt. 378 e 379 c.p., in cui si presuppone che l’attività favorita sia penalmente illecita, come lo è il favoreggiamento dell’ingresso clandestino degli stranieri (art.12 del T.U. sull’immigrazione del 1998 e Decreto legislativo 286/1998, modificato dalla Legge n. 189/2002) e poi la confrontiamo con il reato di favoreggiamento della prostituzione (art.3,n.8 della legge n.75/1958),  in cui si prevede la punizione di “chiunque, in qualsiasi modo, favorisca la prostituzione altrui”, riscontriamo delle analogie riguardanti la condotta criminosa dell’autore del favoreggiamento.

Nel caso del favoreggiamento della prostituzione il bene giuridico tutelato, secondo una originaria impostazione é il buon costume e la pubblica moralità di cui è titolare lo Stato (Cass. Pen., sez. III, sentenza 10 maggio 2002, n. 17717). Secondo una successiva teoria dottrinale il bene tutelato è quello della salute pubblica ed infine, secondo l’orientamento più recente, l’interesse tutelato si fa rinvenire nella libertà di determinazione della donna nel compimento di atti sessuali, garantita attraverso il perseguimento dei terzi i quali da tale attività intendano ricavare un vantaggio economico, atteso che non costituisce reato il compimento di atti sessuali al di fuori di ogni attività di sfruttamento o agevolazione, anche se posti in essere con fini di lucro personale (Cass. Pen., sez. III, sentenza 2 settembre 2004, n. 35776).

Nel caso del favoreggiamento dell’ingresso clandestino invece il bene giuridico protetto è l’ordine pubblico, in quanto la condotta che offende tale bene è appunto l’ingresso clandestino dello straniero, dal momento che provoca una alterazione degli equilibri sociali che la legge invece vuole e deve tutelare.

La previsione del reato di favoreggiamento dell’immigrazione illegale è contenuto all’interno dell’articolo 12 del Testo Unico sull’Immigrazione (d.lgs. n. 286 del 1998).

In tale Testo Unico sono previste varie ipotesi di reato, tra cui quello del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nell’intento di colpire in maniera più efficace l’attività di tutte le organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani sia in Italia che all’estero.

Soggetto attivo del reato in oggetto può essere chiunque, trattandosi di un reato comune di mera condotta, che non richiede che l’evento si verifichi e che quindi abbia luogo l’ingresso clandestino.

Infatti per la sussistenza del reato è sufficiente aver posto in essere un’attività diretta a consentire l’arrivo dello straniero.

Il reato si perfeziona in presenza del dolo, cioè della coscienza e volontà di commettere atti di agevolazione dell’ingresso del clandestino.

Sostanzialmente si tratta di un reato di pericolo, in quanto per la punibilità del fatto criminoso non è neanche necessario che si verifichi in concreto un danno.

Non è prevista poi l’ipotesi del tentativo, trattandosi di ipotesi di reato istantaneo, a consumazione anticipata.

In materia la Sez. I, u.p. della Suprema Corte di Cassazione, Pres. Zaza, Rel. Centofanti, con sua sentenza del 3 giugno 2021, ha affermato poi che il delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, previsto dall’art. 12 d.lgs. n. 286 del 1998, configurabile “salvo che il fatto costituisca più grave reato”, sia assorbito dal delitto, più severamente punito, di tratta di persone di cui all’art. 601 cod. pen., che sia realizzato mediante identica condotta naturalistica».

Un breve cenno finale va fatto all’attività delle ONG protagoniste attive del trasporto delle persone di cui vanno alla ricerca e che prendono a bordo delle loro navi battenti bandiera straniera.

Le ONG, (Organizzazioni Non Governative) sono enti privati che perseguono fini d’interesse pubblico.

Dalla lettura del rapporto Risk Analysis for 201738 redatto in data 15 febbraio 2017 da FRONTEX (Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, fondata nel 2004 per assistere gli Stati membri dell’UE e i paesi associati Schengen nella protezione delle frontiere esterne dello spazio di libera circolazione dell’UE e finanziata dal bilancio dell’Unione e dai contributi dei paesi associati Schengen), si rileva una drastica inversione nel trend del modus operandi dei trafficanti di migranti e i conseguenti effetti sulle operazioni SAR (Search And Rescue).

Il rapporto lascia intendere l’esistenza di un collegamento tra la presenza delle ONG a meno di 12 miglia dalle acque territoriali libiche, presenza raddoppiata rispetto all’anno precedente, e l’enorme aumento di partenze operate dalle medesime coste e viene sottolineato che i salvataggi successivi al periodo anzidetto erano stati portati a termine senza alcuna ufficiale richiesta di soccorso o indicazione della posizione dell’imbarcazione in difficoltà.

Viene anche affermato che è stata proprio la presenza delle navi umanitarie così vicine alla costa ad aver permesso ai trafficanti di utilizzare imbarcazioni fatiscenti e quindi poco costose, rafforzando il loro modello di business e rendendo molto più difficile arginare il fenomeno dell’immigrazione illegale.

I fattori che vanno presi in considerazione in questa sede ruotano quindi attorno al concetto di porto sicuro, alla necessità di uno sbarco immediato, con riferimento alle condizioni del mare, della nave e dell’equipaggio e all’offerta di servizi di prima necessità da parte degli Stati limitrofi.

Le navi delle ONG, che vengono ormai identificate da molti come il principale fattore dell’immigrazione incontrollata che investe il nostro Paese, -come ha affermato il Procuratore di Catania Carmelo Zuccaro- “fanno parte di un sistema profondamente sbagliato, che affida la porta d’accesso all’Europa a trafficanti che sono criminali senza scrupolo. Questo è l’aspetto sbagliato delle cose che non risponde né a senso di umanità né di solidarietà”.

La legittimità della condotta delle ONG, più volte confermata sul piano pratico nelle varie vicende giudiziarie è stata motivata dai giudici penali nel riconoscimento di una causa di scriminante come l’adempimento del dovere o lo stato di necessità, che impedisce di sanzionare le organizzazioni persino in caso si rifiutino di ottemperare alle indicazioni fornite dal centro di coordinamento di Roma, quando impongano di consegnare i migranti alle autorità libiche o di attraccare direttamente sulle coste del paese nordafricano che, pur possedendo formalmente una zona SAR, non è ritenuto un porto sicuro. Il riconoscimento delle cause di giustificazione in favore delle navi ONG, le quali più che eseguire operazioni di soccorso in mare, eseguono un trasbordo di persone, appare però una forzatura trattandosi in sostanza del ricorso ad una sorta di “scriminante umanitaria” rispetto alle cause di giustificazione previste dagli artt. 51 e 54 c.p., con la conseguenza di voler considerare legittime sempre e comunque, a prescindere, tutte le attività di quello che viene definito un soccorso in base ad una scriminante o a una causa di esclusione della pena.

Tutto questo contrasta però con gli interessi di uno Stato, quello italiano, che non può da solo, in assenza di qualsivoglia collaborazione da parte degli altri Stati dell’Ue, farsi carico di un ingresso indiscriminato nel proprio territorio di persone, prevalentemente clandestine.

Se l’Unione europea rimarrà indifferente e silente dinnanzi a quella che può essere definita una vera e propria emergenza, l’Italia ha il diritto ed il dovere di applicare con rigore la normativa vigente e di impedire lo sbarco di chiunque, pur avendo affrontato via terra lunghi e costosi viaggi, disagiati e pericolosi, è stato poi imbarcato nei porti del nord-Africa su navi madri armate ed equipaggiate dalle organizzazioni criminali, per essere poi trasbordato su piccoli natanti ed infine su navi ONG, non ha però alcun diritto di ingresso nel nostro territorio.

L’Europa non resti silente ed indifferente dinnanzi ad un fenomeno migratorio epocale, ma intervenga con autorevolezza e decisione se non vuole palesare l’assoluta assenza di quei principi su cui l’Unione è nata che sono la pace, la solidarietà e la cooperazione tra gli Stati, dando quindi una dimostrazione della sua totale inutilità.

 

https://www.ohchr.org/en/instruments-mechanisms/instruments/convention-relating-status-refugees

https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:1958;75~art3