Per l’Italia una resa incondizionata ed un fine pena mai?
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Ricorre l’8 settembre l’ottantunesimo anno dalla resa incondizionata cui l’Italia è stata costretta nel 1943 dopo i devastanti e crudeli bombardamenti anglo americani sfociati nella sottoscrizione dell’umiliante armistizio corto di Cassibile, prodromo, insieme al successivo armistizio lungo di Malta del 29 settembre 1943 e al Trattato di Pace punitiva di Parigi del 10 febbraio 1947, della perdita di una parte della sovranità nazionale e di una sudditanza senza fine ai vincitori, divenuti i salvatori ed gli alleati.

Nel 1943 furono decisi feroci bombardamenti su tutte le più importanti città italiane, su porti ed obiettivi militari e su Zone industriali che provocarono decine di migliaia di morti tra i civili.

Napoli fu la città più bombardata d’Italia con circa 7000 vittime e con la stessa tutto il territorio campano e del basso Lazio, in particolare Capua e Cassino, i centri industriali del nord come Genova, Milano, che registrò oltre 2000 vittime civili e Torino, subirono tutte più di 50 attacchi ciascuno; le città portuali del sud, come Messina, Napoli, Bari, Brindisi e Taranto ne subirono centinaia, a Foggia le bombe distrussero il 75% degli edifici esistenti.

Anthony Eden, segretario di stato per la guerra, nell’agosto 1940 scrisse a Churchill: “È mia convinzione che sia di importanza primaria sviluppare la nostra offensiva contro gli italiani nel Mediterraneo via terra, mare e aria. L’Italia è il partner debole [dell’Asse], e abbiamo più possibilità di buttarla fuori dalla guerra bombardandola rispetto a quante ne abbiamo con la Germania.”

Per convincere gli italiani ad esercitare pressione sul governo e indurlo alla resa, le bombe anglo americane erano spesso precedute e seguite da lanci di volantini contenenti messaggi a senso unico, che si intensificò nell’autunno del 1942 di pari passo con l’aumento del numero e della intensità dei bombardamenti.

La funzione psicologica della persuasione attraverso la paura della morte – metodo infallibile tuttora in uso – convinse così il popolo italiano che il nemico che si proclamava amico, non era un nemico e che invece il responsabile di tutto era da individuarsi nella persona del capo del governo, Benito Mussolini e nella alleanza con la Germania.

Dopo la sfiducia nei confronti del capo del governo del 25 luglio 1943 da parte del Gran Consiglio del Fascismo, Re Vittorio Emanuele III nominò presidente del consiglio il maresciallo Badoglio, il quale nella sua prima esternazione dichiarò che la guerra continuava, con il risultato del protrarsi con maggiore accanimento dei bombardamenti degli anglo americani sull’Italia.

Essi dopo il 25 luglio continuarono a servirsi dell’impatto dei bombardamenti sul morale dei civili che, insieme alla propaganda anti-tedesca, induceva gli italiani ad esercitare a loro volta pressioni sul presidente del consiglio per indurlo a chiedere la pace, dal momento che se ciò non fosse avvenuto, sarebbero seguiti bombardamenti più devastanti, come preannunciavano i volantini che venivano gettati in ogni città dagli aerei anglo americani.

Gravissime furono le responsabilità della Corona, del presidente del Consiglio, Pietro Badoglio e di tutti i consiglieri militari e politici non soltanto quando venne dichiarata la resa incondizionata e sottoscritto l’armistizio corto di Cassibile il 3 settembre, ma nella sua ufficializzazione avvenuta dopo ben 5 giorni, alle ore 17:30 (18:30 in Italia) con un proclama diffuso dal generale Eisenhower attraverso i microfoni di Radio Alger e a cura di Pietro Badoglio, alle ore 19:45 da Roma, il quale dette lettura a Roma, dai microfoni della radio Eiar, antesignana della Rai, del seguente comunicato:  “Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.

La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.

Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.

Il caos che ne seguì determinò la spaccatura in due della nostra Nazione (Repubblica Sociale nel nord e Regno nel sud) e il dissolvimento dell’esercito italiano, forte di oltre un milione di uomini dislocati in Italia e di altri 900.000 dislocati nei Paesi occupati dall’Italia in Iugoslavia, in Grecia e nel continente africano.

I tedeschi nei giorni immediatamente successivi all’armistizio disarmarono e catturarono in Italia e all’estero circa 800.000 soldati italiani, la gran parte dei quali vennero deportati nei lager, mentre diverse decine di migliaia dei nostri militari, dopo la consegna delle armi, furono trucidati, come avvenne a Cefalonia, sul cui eccidio, di circa 5000 militari italiani della Divisione Acqui, si è fatta luce soltanto a distanza di lunghi anni.

L’Italia e gli Italiani devono essere informati per conoscere la realtà dei fatti e poter fare i conti con la loro storia se vogliono riscattare e riconquistare la dignità e l’onore di un popolo.

Forse questa riflessione apparirà una nota stonata, ma occorre prendere le distanze dalla narrativa ufficiale e dalla storia  scritta dai vincitori.

La versione dei fatti fino ad oggi fornita, che invece è tanto cara al mainstream in cui l’orchestra dei giornalisti e degli opinionisti segue sempre lo stesso spartito fornito da chi ha elaborato la relativa partitura, è assolutamente lontana dalla realtà ed è per questo che quei fatti che ci riguardano e di cui ancora oggi stiamo pagando le amare conseguenze, meritano un approfondimento.

Le gravissime limitazioni, a livello di sovranità del nostro paese, erano state già anticipate nelle decisioni scaturite dalla Conferenza di Casablanca tenuta dal 14 al 24 gennaio 1943, quando le potenze vincitrici si erano accordate sulla base del principio della resa incondizionata: la Germania infatti e i suoi alleati non avrebbero in alcun modo avuto il diritto di negoziare alcun accomodamento con i vincitori.

Dopo la resa incondizionata del 3 settembre 1943 accettata con l’armistizio corto di Cassibile, venne sottoscritto in data 29 settembre 1943 nelle acque di Malta, sul quadrato della nave britannica “Nelson”, il “Lungo Armistizio”, protocollo del regime di occupazione, e premessa del “diktat”.

Il secondo step riguardante la limitazione della sovranità del nostro Stato furono proprio i citati armistizi che ebbero una funzione prodromica di quella che fu poi la pace punitiva del Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947.

L’8 settembre, data in cui venne annunciato l’armistizio corto di Cassibile dovrebbe essere considerato nella memoria storica di ogni italiano un giorno nefasto in quanto rappresentò per la nostra Nazione la perdita di sovranità, anche militare, oltre che politica.

Una volta eliminato il governo che per venti anni nel bene e nel male aveva guidato l’ltalia e neutralizzata prima ed eliminata definitivamente poi, il nella notte tra il 12 ed il 13 giugno 1946, su iniziativa unilaterale di Alcide De Gasperi e del suo governo, l’istituzione monarchica, i fautori del mondialismo ebbero la strada completamente spianata.

Infatti fece seguito il Trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, che decretava “una pace punitiva per l’Italia”, in cui venne trasfuso il contenuto del Lungo Armistizio del 29 settembre 1943, ratificato dal parlamento italiano il 31 luglio 1947, secretato per lunghi anni, il quale si rivelò essere un vero e proprio diktat perpetuo contro l’Italia.

Per effetto della violenza derivante da tale diktat, consacrato in un trattato ratificato dal nostro organo legislativo ebbe inizio il decadimento dello Stato italiano, privato di sovranità e trasformato in una colonia anglo-americana, con la costruzione di strutture economiche sovranazionali che soggiogano l’Italia a perversi interessi di poteri finanziari, economici e politici internazionali.

Se la resa incondizionata di Cassibile segnò la sconfitta bellica dell’Italia, “Il Lungo Armistizio” ed il Trattato di Pace di Parigi, decretarono la fine della sovranità dello Stato italiano grazie alla collaborazione di personaggi che, come affermò Vittorio Emanuele Orlando nell’aula parlamentare prima della ratifica di quel trattato erano animati da una “cupidiglia di servilismo”.

Esaminiamone alcune elementi più rilevanti ed inquietanti:

ARMISTIZIO DI CASSIBILE – IL “LUNGO ARMISTIZIO”, PROTOCOLLO DEL REGIME DI OCCUPAZIONE, E PREMESSA DEL “DIKTAT”

Queste condizioni armistiziali avranno vigore fino alla firma del trattato di pace (10-2-1947), atto di natura unilaterale imposto all’Italia (“diktat”), e accettato dal suo governo postbellico. In esso l’Italia sarà costretta a riconoscere il principio di aver “intrapreso una guerra di aggressione” (premessa, cpv. 2°): e pertanto le sue clausole avranno carattere punitivo. Mutilazioni del territorio nazionale, rinunzia alle colonie, riparazioni, limitazioni della sovranità dello Stato, divieti per gli armamenti anche solo difensivi, restrizioni di ogni genere: queste condizioni – tutte gravissime – discendono, direttamente, dai criteri che avevano ispirato l’armistizio nel protocollo definitivo, per la cui firma s’era scelto il quadrato di una nave inglese e l’ancoraggio di Malta.

All’art. 22) “Il Governo e il popolo italiano si asterranno da ogni azione a danno degli interessi delle Nazioni Unite ed eseguiranno prontamente ed efficacemente tutti gli ordini delle Nazioni Unite.”

Sostanzialmente tutte le condizioni pregiudizievoli contenute nell’armistizio lungo furono inserite nel Trattato di Pace di Parigi, tra cui l’art.21 B) che impone all’Italia il riconoscimento in capo agli alleati vincitori di numerosi e gravosi diritti militari fra i quali quelli di chiedere al governo italiano piani militari per l’utilizzazione dei porti come basi logistiche. 

Un’altra rilevante richiesta da parte americana fu quella dell’11 ottobre in cui venne stabilita una linea di comunicazione dal porto di Livorno a Verona allo scopo di consolidare le forze americane a Trieste e a Salisburgo; nel settembre del ‘52 gli americani chiesero – e ottennero – una base di addestramento per i marines in Sardegna e l’uso delle basi aeree di Aviano e Orio al Serio. Ma la presenza in profondità delle forze armate americane sul nostro territorio avrà modo di consolidarsi sia con la Convenzione di Londra del giugno del 1951 sia con gli accordi bilaterali che saranno di volta in volta firmati nel 1957 in merito a Sigonella, nel 1972 in merito a Lampedusa e nel 1983 in relazione a Comiso.

Mentre l’Italia, in forza del Trattato di Pace, dovette rinunciare allo sviluppo di armi nucleari, gli Stati Uniti negli anni ‘50 svilupparono la dottrina dell’impiego delle armi nucleari e li collocarono sul nostro territorio.

In ultima analisi, le conseguenze della pace punitiva imposta dagli alleati hanno gettato le basi della limitazione della sovranità italiana, limitazioni che con il passare del tempo sono state aumentate e durano ancora oggi, soprattutto attraverso il nuovo soggetto economico voluto dagli americani definito Unione europea.

Si rende necessaria una profonda riflessione sulla legittimità, durata ed efficacia di un Trattato che prevede una pace punitiva con l’umiliazione e l’annientamento di uno Stato belligerante e soccombente, il nostro.

Nel campo del diritto nessuna pena dovrebbe essere senza fine e tutti dovrebbero aver diritto alla speranza che quello che verrà domani sarà un altro giorno diverso e migliore.

Il cambiamento e la riconciliazione con il nostro passato potrà aver luogo soltanto se un giorno tutti insieme, uniti e determinati, avremo la forza di riprenderci le chiavi di casa e se capiremo che se vogliamo che l’Italia sopravviva occorre in primo luogo riconquistare la nostra INDIPENDENZA e perseguire, al fine di attuarlo in concreto, un autentico SOVRANISMO SOCIALE.

 

 

http://www.storiaxxisecolo.it/documenti/documenti16.html

https://www.uniba.it/it/docenti/donno-michele/donno-michele/documento-condizioni-dellarmistizio-di-cassibile.pdf