Si ristabilisca il giusto equilibrio e si ripristini una rigorosa divisione tra i poteri dello Stato
La-Dea-della-Giustizia

Anche oggi come già era avvenuto nella prima metà degli anni novanta, spira un vento giustizialista che sospinge uno dei poteri dello Stato ad interferire prepotentemente nella politica nazionale, sopperendo ad una debolezza dei partiti.

Si sente sempre più insistente e rumoroso il tintinnio delle manette come ai tempi di “mani pulite”.

Le informazioni di garanzia, meglio conosciute con l’indicazione impropria utilizzata di solito dai mass media di “avvisi di garanzia”, continuano sempre più mirate e più numerose, prima contro Silvio Berlusconi, leader del centro destra dal 1994 ed oggi contro Matteo Salvini attuale leader dello stesso schieramento politico, maggioritario nella nostra Nazione.

Gli attacchi giudiziari hanno luogo attraverso una interpretazione sempre più audace e personale della legge, applicando a secondo della convenienza o della opportunità, il principio della obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale che invece in molti altri casi viene volutamente dimenticato per effetto di una scelta di politica criminale che opera una scelta dei reati da perseguire e quelli da archiviare.

La libera e discrezionale possibilità della interpretazione della legge e la irresponsabilità dei magistrati, i quali, anche grazie alla legge Vassalli, non sono mai ritenuti responsabili dei loro errori, dolosi o colposi che siano, espone ogni cittadino italiano non solo alla totale incertezza del diritto, ma a vere e proprie persecuzioni giudiziarie.

E’ di tutta evidenza che il protagonismo ed interventismo sulla politica di alcuni magistrati ideologicamente condizionati, comporti un vero e proprio sconfinamento di un potere, quello giudiziario, in campi che non gli appartengono.

Si avverte l’impressione che le certezze derivanti dalle garanzie costituzionali, come quella della presunzione di innocenza e del giusto processo stiano per essere messe in discussione sotto la spinta dei partiti giustizialisti al governo che vorrebbero un ritorno all’epoca del pool di mani pulite.

Non possiamo dimenticare i tempi del pool di Milano che operando come “i quattro cavalieri dell’apocalisse”, operò a senso unico, distruggendo con lo strumento delle iniziative giudiziarie tutti i partiti cui apparteneva la vecchia, ma preparata classe politica della prima repubblica e risparmiandone soltanto tre: il Msi, perché non aveva mai governato, il Pr, perché aveva una piccola rappresentanza parlamento e il Pci cui fu riservato un trattamento davvero singolare.

Tutti gli esponenti nazionali dei vecchi partiti furono fagocitati, annientati e distrutti sotto l’accusa di aver commesso un gravissimo delitto di finanziamento illecito, “l’aver preso soldi per il partito”, reato che, secondo una scelta di politica criminale dell’epoca, avrebbe destato grande allarme sociale.

Poi per il teorema accusatorio di mani pulite chiunque avesse rivestito cariche o ruoli apicali in un partito “non poteva non sapere….”.

Ed ancora per raggiungere con maggiore facilità il risultato di assicurare alla giustizia i pericolosi criminali accusati di aver preso soldi per il partito venne reintrodotto il processo inquisitorio di medioevale memoria in cui nessuno poteva essere condannato, anche per crimini gravissimi, se non in presenza di due casi:

1) se due testimoni oculari avessero visto l’accusato commettere il delitto;

2) se l’indagato fosse stato reo confesso.

Dal momento che non era facile disporre sempre di due testimoni oculari, per pervenire ad una condanna, anche alla pena capitale, si utilizzava la seconda ipotesi.

Conseguentemente l’accusato, anche se fosse stato innocente, veniva indotto alla confessione attraverso la tortura con ogni strumento idoneo per provocargli sul corpo atroci sofferenze, finché, sopraffatto dal dolore, l’accusato-imputato finiva col confessare colpe anche non sue e subito dopo veniva affidato al boia per l’esecuzione della sentenza di condanna.

Negli anni novanta il sistema della tortura cambiò e si trasformò in una tortura psicologica attraverso la carcerazione preventiva sine die, fino ad ottenere una confessione di fatti che avessero potuto avallare la tesi del pubblico ministero inquirente e consentirgli di sostenere validamente l’accusa nel successivo dibattimento.

Una ultima considerazione, per una probabile, ma evidente distrazione, i rappresentanti della pubblica accusa non si accorsero che il partito comunista italiano il denaro lo aveva sempre ricevuto dall’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (URSS) e che il reato commesso dai suoi esponenti era molto più grave, riguardando delitti contro la personalità dello Stato italiano previsti dal codice penale come l’art.243 (intelligenze con lo straniero) o l’art. 246 (corruzione del cittadino da parte dello straniero).

Su quella che fu una pagina oscura della nostra storia, a parte l’esaltazione delle gesta dei protagonisti che cavalcarono l’onda lunga del giustizialismo, non è stato fatto mai alcun reale ed obiettivo approfondimento e forse sarebbe giunto il momento della verità.