Bocciato il protocollo ministeriale che prevedeva tachipirina e vigile attesa e che ha impedito ai medici di base di curare i pazienti, o ha favorito la loro inerzia colpevole, provocando migliaia di morti che se avessero ricevuto tempestivamente appropriate cure si sarebbero salvati.
Ecco il contenuto della sentenza n.419 del 15 gennaio 2022 emessa dal Tar Lazio in cui è stato affermato che “La prescrizione dell’AIFA, come mutuata dal Ministero della Salute, contrasta, pertanto, con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professione, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia COVI 19 come avviene per ogni attività terapeutica.”
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6949 del 2021, proposto da
-omissis-, rappresentati e difesi dagli avvocati Erich Grimaldi e Valentina Piraino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Valentina Piraino in Roma, via San Tommaso D’Aquino, 104;
contro
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento, previa sospensiva
della Circolare del Ministero della Salute recante “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2” aggiornata al 26 aprile 2021, nella parte in cui, nei primi giorni di malattia da Sars-Cov-2, prevede unicamente una “vigilante attesa” e somministrazione di fans e paracetamolo e nella parte in cui pone indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da covid nonché di ogni altro atto connesso, presupposto ovvero consequenziale, anche di estremi ignoti, che sin d’ora ci si riserva di impugnare,
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2021 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti sono medici di medicina generale e specialisti.
Con il ricorso oggetto del presente scrutinio, i predetti hanno contestato le linee guida promulgate da AIFA e pedissequamente mutuate con la circolare del Ministero della Salute “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2” aggiornata al 26 aprile 2021, nella parte in cui, anziché dare indicazioni valide sulle terapie da adottare a domicilio, prevedono un lungo elenco delle terapie da non adottare, divieto che non corrisponde all’esperienza diretta maturata dai ricorrenti.
Alla camera di consiglio del giorno 4 agosto 2021, il Collegio ha disposto, a mente dell’art. 55, comma 10 cpa, la fissazione della discussione del presente ricorso alla udienza di merito del giorno 7 dicembre 2021.
Alla udienza del giorno 7 dicembre 2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
In primo luogo deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità avanzata dalla resistente perché, a suo dire, la nota AIFA, recepita nella circolare ministeriale, ha una sua autonomia giuridica e non è stata autonomamente impugnata.
È necessario rappresentare che nel momento in cui l’indicata raccomandazione è stata pedissequamente mutuata nella circolare ministeriale essa ha perso ogni singolare valenza, compresa una sua autonoma esistenza giuridica ed ha costituito, pertanto, la sola motivazione del provvedimento contestato.
Conseguentemente l’eccezione deve essere respinta.
Le censurate linee guida, come peraltro ammesso dalla stessa resistente, costituiscono mere esimenti in caso di eventi sfavorevoli.
In disparte la validità giuridica di tali prescrizioni, è onere imprescindibile di ogni sanitario di agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l’esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito.
La prescrizione dell’AIFA, come mutuata dal Ministero della Salute, contrasta, pertanto, con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professione, imponendo, anzi impedendo l’utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia COVI 19 come avviene per ogni attività terapeutica.
In merito è opportuno rappresentare che il giudice di appello nello scrutinare una analoga vicenda giudiziaria ( la censura afferente alla sola determinazione dell’AIFA) ha precisato che :”… la nota AIFA non pregiudica l’autonomia dei medici nella prescrizione, in scienza e coscienza, della terapia ritenuta più opportuna, laddove la sua sospensione fino alla definizione del giudizio di merito determina al contrario il venir meno di linee guida, fondate su evidenze scientifiche documentate in giudizio, tali da fornire un ausilio (ancorché non vincolante) a tale spazio di autonomia prescrittiva, comunque garantito”.
Quindi, il contenuto della nota ministeriale, imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale.
Per tali ragioni il ricorso deve essere accolto.
La peculiarità della vicenda convince il Collegio a compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento in epigrafe indicato.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Savoia, Presidente
Paolo Marotta, Consigliere
Roberto Vitanza, Consigliere, Estensore
L’Estensore Il Presidente
Roberto Vitanza Riccardo Savoia”
Chiamiamo le cose con il loro nome, se i protocolli ministeriali hanno impedito o favorito l’assenza di cure in favore di pazienti colpiti dal Covid-19 e molti di essi sono deceduti, sussistono inevitabilmente profili di responsabilità penale per omicidio plurimo colposo o doloso e le Procure della Repubblica non possono esimersi dall’accendere un faro sull’intera vicenda in nome della giustizia e della verità che è dovuta alle Famiglie delle vittime.