Nell’art. 3 della Costituzione, al primo comma, vi è scritto che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche e di condizioni personali e sociali».
Dunque nella nostra Costituzione è consacrato il principio della uguaglianza giuridica dei cittadini intesa come regola fondamentale dello Stato di diritto ed è per questo che in ogni aula giudiziaria compare la scritta: «la legge è uguale per tutti».
Si sente parlare in questi giorni di una probabile introduzione nel nostro ordinamento di uno scudo penale in favore dei tutori dell’ordine e della sicurezza pubblica, come qualche anno addietro, durante l’emergenza sanitaria, venne fatto, surrettiziamente, con un colpo di mano, in favore dei medici e di altri operatori della sanità.
Prima di approfondire la natura giuridica dello scudo penale, pur con tutto il rispetto, la gratitudine e la stima verso le Forze dell’Ordine, non posso non esprimere il mio giudizio negativo su una iniziativa del genere.
Appare infatti improvvido, pericoloso e non conforme ai precetti costituzionali la possibilità di includere uno scudo penale tra le cause di non punibilità “in senso stretto”, ovvero tra “le scusanti”.
Com’è noto, la causa di esclusione della punibilità in senso stretto elide la punibilità di un fatto antigiuridico e colpevole ed estrinseca la valutazione, espressa a monte dal legislatore, circa l’assenza di opportunità nel punire un fatto costituente reato, anche nell’ipotesi in cui sia perfetto nei suoi elementi costitutivi. In genere uno scudo penale viene giustificato dall’esigenza di salvaguardare una situazione di fatto, o un bene da ritenersi preminente rispetto all’interesse violato a seguito della commissione del reato.
Differente, invece, la natura e la disciplina delle scusanti, le quali non si inseriscono nel fatto costituente reato, come avviene per le cause di esclusione della punibilità, ma sono circostanze anormali che, nella valutazione legislativa, hanno influito in modo determinante sulla volontà dell’agente o sulle sue capacità psicofisiche. In buona sostanza non è possibile esigere un comportamento differente da quello tenuto in concreto dal reo, qualora quest’ultimo agisca sotto l’influenza e l’impulso di determinate circostanze anormali. Poiché molti giuristi propendono per un inquadramento giuridico dello scudo penale nel panorama delle scusanti, si giunge sempre ad escludere la colpevolezza dell’agente ed il giudicante conseguenzialmente deciderà di assolvere l’imputato “perché il fatto non costituisce reato”.
Tuttavia, dal momento che nel nostro ordinamento già esistono gli strumenti idonei a elidere la penale responsabilità di alcune categorie di soggetti, non è ammissibile, né giustificabile inserire, attraverso lo strumento dello scudo penale, altre cause di non punibilità “in senso stretto”, ovvero nuove “scusanti”.
La strada dello scudo penale aprirebbe infatti ad una vera e propria deriva del nostro ordinamento, del sistema processuale penale e colliderebbe con il principio dell’eguaglianza di tutti i cittadini dinnanzi alla legge previsto nell’art.3 Cost.
Meglio sarebbe por mano ad una riforma del codice penale sulle scriminanti di cui si parla negli artt.51, 52,53 e 54 del codice penale, integrando analiticamente le varie situazioni in cui devono, o possono applicarsi le cause di giustificazione e di esclusione del reato e ponendo comunque a carico dello Stato, attraverso il ministero competente, ogni onere riguardante la difesa e l’aiuto economico in favore di ogni pubblico ufficiale coinvolto nell’esercizio delle sue funzioni in fatti di giustizia.
Le scriminanti escludono l’antigiuridicità del fatto, cioè il contrasto di esso con un precetto dell’ordinamento giuridico. Infatti per la esistenza di un reato non è sufficiente che l’agente abbia con coscienza e volontà violato la norma, ma è necessario è che non ricorrano cause oggettive o soggettive di esclusione del reato, cioè situazioni in presenza delle quali un fatto che normalmente costituisce reato non viene punito.
Esaminiamo le varie scriminanti applicabili alla fattispecie di possibili reati commessi dall’addetto all’ordine ed alla sicurezza nell’esercizio delle sue funzioni:
1) L’adempimento del dovere (art. 51 c.p.) In questo caso il comportamento del soggetto non costituisce reato in quanto lo stesso non aveva alcuna facoltà di scelta, ma vi era imperativamente tenuto dovendo adempiere ad un dovere, del fatto risponderà il superiore gerarchico che ha impartito l’ordine (art. 51 comma 2). Il dovere può derivare da una norma giuridica, ad esempio, il militare che uccide in guerra non commette il delitto di omicidio o da un ordine legittimo dell’Autorità, proveniente da un superiore gerarchico, diretto ad un suo subordinato. Ovviamente l’ordine potrà essere disatteso se viola manifestamente la legge penale, come potrebbe essere l’ordine di sparare contro dei pacifici manifestanti. Per la legittimità è richiesto poi che siano state rispettate le procedure e le formalità di legge previste per la sua emissione.
2) Legittima difesa (art. 52 c.p.)
In presenza di un pericolo attuale per il proprio od altrui diritto, derivante da una aggressione ingiusta da parte di un terzo, il soggetto può reagire compiendo in danno dell’aggressore una azione che normalmente costituisce reato, sempre che tale reazione sia assolutamente necessaria per salvare il diritto minacciato e sia proporzionata all’offesa. Per l’applicazione della scriminante occorre che oggetto dell’offesa sia un diritto, che l’offesa sia ingiusta (contraria al diritto), che il pericolo minacciato sia attuale e non determinato volontariamente dall’agente, la reazione all’offesa deve essere necessaria, costretta e proporzionata all’offesa stessa. Il rapporto di proporzione tra la reazione dell’aggredito e l’offesa minacciata viene presunta ex lege e quindi sottratta alla valutazione del giudice, nel caso in cui il fatto avvenga nel domicilio dell’aggredito o nel suo luogo di lavoro (L. 13-2-2006, n. 59).
3) Uso legittimo delle armi (art. 53 c.p.).
Possono invocare tale scriminante i pubblici ufficiali e quei soggetti che su legale richiesta del p.u. gli prestino assistenza. Si tratta di una sorta di riserva di competenza a favore del pubblico ufficiale relativamente ai casi in cui è legittimo il ricorso alle armi. La richiesta di assistenza è legale quando è fatta nei limiti e nei casi previsti dall’art. 652 c.p. La scriminante può essere invocata nel caso in cui il soggetto sia abbia agito per adempiere un dovere del proprio ufficio, sia costretto a far uso delle armi dalla necessità di respingere una violenza, vincere una resistenza, impedire la consumazione dei delitti di cui al primo comma dell’art. 53.
4) Stato di necessità (art. 54 c.p.)
Ricorrendo il pericolo attuale di un danno grave alla persona e purché la situazione di pericolo non sia stata causata dallo stesso agente (con dolo o per colpa), il soggetto può tenere una condotta che normalmente costituisce reato, sempre che questa sia assolutamente necessaria per salvarsi e sia proporzionata al pericolo, e sempre che il soggetto non abbia un particolare dovere di esporsi al pericolo stesso.
Perché ricorra lo stato di necessità occorre l’esistenza di una situazione di pericolo attuale, da cui possa derivare un danno grave alla persona, la quale non lo abbia causato, né sia tenuto ad esporvisi. Deve trattarsi di un’azione lesiva assolutamente necessaria per salvarsi e proporzionata al pericolo.
L’ultimo comma dell’art. 54 statuisce che, se lo stato di necessità è determinato dall’altrui minaccia, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l’ha costretta a commetterlo.
Se il legislatore vuole salvaguardare la posizione di migliaia di addetti all’ordine ed alla sicurezza pubblica può agevolmente por mano ad una integrazione delle scriminanti già esistenti ampliandone e tipicizzando ogni condotta di chi è esposto quotidianamente a rischi personali, anche della propria vita.
Naturalmente occorrerà emanare anche regolamenti adeguati alla evoluzione dei tempi che prevedano le linee guida delle condotte da tenere nelle varie occasioni da parte dei responsabili della sicurezza e della tutela dell’ordine pubblico.
Soltanto operando nella cornice degli istituti già esistenti si potranno contemperare i diritti e gli interessi di tutti e restare allineati ai precetti contenuti nella carta costituzionale che deve restare sempre la stella polare per tutti, soprattutto per quanti hanno responsabilità istituzionali.