L’art.61 della Costituzione prevede che le elezioni delle nuove Camere abbiano luogo “entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. La prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni”.
Allo stato le disposizioni previste in materia di raccolta delle firme per la presentazione delle liste per le prossime le elezioni politiche del 25 settembre non consentono una parità di condizioni di accesso alla competizione elettorale per tutti i partiti minori, le associazioni ed i movimenti politici più rappresentativi.
Infatti i simboli dei partiti che intendono partecipare alle elezioni dovrebbero essere consegnati al Viminale tra il 12 e il 14 agosto e depositate presso gli uffici centrali delle Corti di Appello le liste con le firme e l’elenco dei candidati tra il 21 e il 22 agosto, mentre i partiti che alla data del 31 dicembre 2021 hanno almeno un gruppo in Parlamento vengono esonerati per legge dalla raccolta delle firme.
Se le cose stanno così, avviene che coloro che oggi volessero presentare una lista, proprio per i tempi strettissimi, sarebbero del tutto impossibilitati a farlo.
Si tratta di raccogliere almeno 37mila firme per la Camera nei vari collegi elettorali e almeno 19mila per il Senato sempre nei vari collegi che, pur tenendo conto del dimezzamento previsto nel caso in cui la legislatura finisce prematuramente, resta sempre elevato da raccogliere entro il 22 agosto.
Non si può non riconoscere che tutto questo sia in contrasto con la Costituzione che all’art.1 enuncia il principio fondamentale che “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.” ed al successivo art.49 afferma che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
Nella nostra costituzione è consacrato il diritto di ciascuno di costituire partiti che per un verso costituisce l’espressione del diritto di libertà dei singoli e per l’altro legittima l’esistenza dei partiti, i quali rappresentano una delle basi dell’ordinamento.
La funzione dei partiti, costituiti dai cittadini che si associano, è quella di partecipare alla politica nazionale attraverso un confronto reciproco basato sulla democrazia.
I partiti, però, sono associazioni private non riconosciute e organizzate stabilmente che di fatto appartengono ai promotori che li hanno costituiti, investendo dei capitali, o ai padroni delle tessere che ne blindano le direzioni nazionali, i quali incamerano i contributi dovuti per l’iscrizione al partito e dopo le elezioni i rimborsi elettorali.
Manca nella Costituzione una norma che imponga ai partiti un’organizzazione democratica, sicché sorge qualche dubbio circa i metodi democratici vigenti all’interno dei partiti e sulla libertà di cui godono gli aderenti.
Una volta costituito un partito, redatto uno Statuto, viene predisposto un programma politico che dovrebbe essere in linea con lo scopo statutario e si procede ad individuare i candidati che, insieme al partito di appartenenza, ne dovranno diffondere il pensiero ed il programma nel corso della campagna elettorale.
I Costituenti inserendo l’art.49 avevano pensato ad una apertura e ad un ampliamento dei canali di partecipazione politica diretta dei cittadini alla vita pubblica come la condizione necessaria per rendere effettivi due principi essenziali del nostro ordinamento: quello già citato della sovranità popolare, di cui all’articolo 1, e quello di eguaglianza sostanziale, per il quale il secondo comma dell’articolo 3 affida alla Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Lo scollamento ormai insanabile tra politica e società nasce proprio dalla distanza tra la formula costituzionale, che assegna ai partiti un ruolo centrale, circoscritto però alla determinazione dell’indirizzo politico e una diversa realtà di invadenza dei partiti medesimi e di inarrestabile degrado dell’etica pubblica, che ha logorato la fiducia dei cittadini in quelle associazioni di fatto non riconosciute costituite per rappresentarli.
Tale scollamento è divenuto sempre più evidente dopo l’introduzione della legge elettorale n. 270 del 21 dicembre 2005, meglio nota come legge Calderoli o “Porcellum”, cui, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n.1/2014 che ne ha dichiarato l’incostituzionalità perché non conciliava la governabilità con il rispetto della sovranità popolare e con il diritto dei cittadini di sceglie i rappresentanti della Nazione, hanno fatto seguito altre leggi elettorali pure esse incostituzionali (Italicum e Rosatellum bis). Corte costituzionale – Decisioni
Oggi la situazione appare invariata, ai partiti è stata trasferito il potere appartenente ai cittadini di scegliere i candidati da inserire nelle liste, con l’aggravante che le liste sono bloccate in cui i candidati vengono eletti seguendo la graduatoria stabilita dai vertici dei partiti, con il risultato inammissibile, inaccettabile ed intollerabile che i singoli elettori non hanno alcuna facoltà di modificare tale ordine e che siano i partiti ad eleggere i parlamentari fin dal momento della collocazione dei candidati nella lista e che successivamente con il loro voto i cittadini ne ratificano l’elezione.
Con tale perverso sistema non è possibile esprimere alcuna preferenza per un singolo candidato e terminate le elezioni, il numero di parlamentari cui ciascuna lista ha diritto viene calcolato in base ai voti ricevuti. I primi della lista risultano gli eletti.
Pongo a tutti una domanda: IN ITALIA ESISTE ANCORA UNA DEMOCRAZIA?